Una delle domande più affascinanti della scienza contemporanea riguarda ciò che ci rende realmente umani. Non solo la capacità di parlare o ragionare, ma quella complessa combinazione di empatia, astrazione e creatività che distingue la nostra specie.
Un nuovo studio pubblicato su Molecular Biology and Evolution propone una tesi audace: alcuni geni che hanno permesso all’intelligenza umana di svilupparsi potrebbero essere gli stessi che aumentano la probabilità di tratti autistici o schizofrenici.
In altre parole, le caratteristiche che ci rendono unici come specie – la complessità del linguaggio, la memoria, la riflessione – potrebbero avere un prezzo evolutivo. L’autismo, da questa prospettiva, non sarebbe un “errore” genetico, ma una parte integrante dell’evoluzione dell’intelligenza umana.
I geni dell’intelligenza e la neurodiversità
Il team di ricerca, guidato da scienziati del MIT e di altre università internazionali, ha confrontato l’attività genetica di oltre un milione di cellule cerebrali in sei specie di mammiferi: topi, marmoset, macachi rhesus, gorilla, scimpanzé e umani.
Il risultato è stato sorprendente: la maggior parte delle cellule cerebrali è rimasta quasi invariata tra le specie, ma un tipo specifico di neuroni, chiamati neuroni eccitatori intratelencefalici dello strato 2/3 del neocortece, ha mostrato un’evoluzione molto più rapida negli esseri umani.
Questa particolare classe di neuroni è fondamentale per funzioni cognitive complesse come il linguaggio, la pianificazione e il pensiero astratto. E, significativamente, i geni che regolano questi neuroni sono gli stessi coinvolti nei disturbi dello spettro autistico e nella schizofrenia.
Ciò suggerisce un legame diretto tra le capacità cognitive superiori e la vulnerabilità neuroevolutiva. In altre parole, l’evoluzione del cervello umano ha camminato sul filo sottile tra genialità e fragilità.
Un prezzo genetico per l’intelligenza
I ricercatori hanno scoperto che alcuni geni chiave, selezionati positivamente durante l’evoluzione, influenzano lo sviluppo e la maturazione del cervello. Tra questi, diversi sembrano rallentare la crescita neuronale, consentendo però un periodo più lungo di plasticità cerebrale — una finestra evolutiva che avrebbe favorito l’acquisizione del linguaggio e la capacità di astrazione.
Questa lentezza evolutiva del cervello umano, rispetto ad altre specie, potrebbe aver rappresentato un vantaggio adattivo, ma anche una vulnerabilità: un terreno fertile per lo sviluppo di condizioni neurodiverse.
Come scrivono gli autori dello studio, “l’eccezionalmente alta prevalenza dell’autismo negli esseri umani potrebbe essere il risultato diretto della selezione naturale di geni che, se da un lato hanno aumentato le nostre capacità cognitive, dall’altro hanno reso alcuni circuiti cerebrali più sensibili alle alterazioni”.
Quando la diversità diventa evoluzione
Se l’ipotesi si conferma, la visione dell’autismo cambia radicalmente. Non più solo una condizione clinica, ma una componente naturale della neurodiversità umana, con radici profonde nella storia evolutiva della specie.
L’idea che alcune delle più straordinarie conquiste cognitive dell’uomo – la creatività, la capacità di pensiero simbolico, la sensibilità ai dettagli – possano derivare dallo stesso terreno genetico dell’autismo offre una prospettiva rivoluzionaria sulla mente umana.
Da tempo, molti studiosi sostengono che la diversità neurologica sia una risorsa e non un difetto da correggere. Questo studio fornisce nuove prove scientifiche a sostegno di quella visione: la neurodiversità come motore dell’evoluzione, non come deviazione.
L’autismo come finestra sull’intelligenza
Capire l’origine genetica dell’autismo non significa ridurlo a un semplice effetto collaterale dell’intelligenza, ma riconoscerlo come una sfumatura essenziale della mente umana.
Molte persone nello spettro autistico mostrano abilità straordinarie nell’analisi, nella logica, nella memoria visiva e nell’attenzione ai dettagli. Queste qualità, viste da una lente evolutiva, potrebbero aver contribuito allo sviluppo della conoscenza scientifica, dell’arte e del linguaggio.
Come sottolinea uno dei ricercatori coinvolti nello studio, “forse la nostra intelligenza, la nostra capacità di creare e immaginare, è indissolubilmente legata alla stessa diversità che oggi chiamiamo autismo”.
Un nuovo modo di comprendere l’umano
Lo studio apre dunque a una visione più ampia e inclusiva della mente. Se l’autismo e l’intelligenza condividono le stesse radici genetiche, allora la nostra storia evolutiva è una storia di differenze.
In questa prospettiva, ogni cervello umano diventa una variazione di un progetto più grande, dove la diversità non è un’anomalia, ma il segreto stesso dell’evoluzione.
Forse, in fondo, l’autismo non è un’eccezione, ma una delle tante forme in cui l’intelligenza ha scelto di manifestarsi.
Foto di Caleb Woods su Unsplash

