Nei disturbi neuropsichiatrici come l’autismo e la schizofrenia, la componente genetica è da tempo riconosciuta come forte fattore di rischio. Ma fino a poco tempo fa, era poco chiaro quali varianti specifiche nel DNA contribuissero concretamente, e attraverso quali meccanismi. Recenti ricerche stanno iniziando a individuare precisi “inneschi” genetici: mutazioni rare, cambiamenti strutturali nel DNA, varianti che alterano proteine fondamentali nella comunicazione neuronale. Queste scoperte aprono nuove strade non solo per comprendere l’origine biologica di questi disturbi, ma anche per immaginare diagnosi più precoci e interventi mirati.
Le mutazioni rare che aumentano molto il rischio
Uno degli studi più rilevanti sul fronte della schizofrenia è quello denominato SCHEMA, condotto da un consorzio internazionale guidato dal Broad Institute di MIT e Harvard. In una coorte composta da oltre 120.000 persone (tra cui migliaia con schizofrenia), sono state individuate varianti rare che interrompono la proteina codificata da alcuni geni — le cosiddette protein-truncating variants (PTV) — che aumentano in modo significativo la probabilità di sviluppare schizofrenia.
Nuovi geni implicati: comunione tra schizofrenia e autismo
Gli studi più recenti hanno identificato otto nuovi geni associati al rischio di schizofrenia, due con evidenza forte (STAG1, ZNF136) e sei con prove più moderate (tra cui SLC6A1, KLC1, PCLO, ZMYND11, BSCL2, CGREF). Alcuni di questi geni erano già noti nell’ambito dell’autismo, dell’epilessia o dei ritardi dello sviluppo: ciò suggerisce che ci siano meccanismi biologici condivisi tra vari disturbi del neuro- sviluppo.
Il caso della proteina CX3CR1: un ponte tra autismo e schizofrenia
Una scoperta che ha attirato particolare attenzione riguarda la proteina CX3CR1: uno studio giapponese ha identificato che una singola sostituzione amminoacidica in questo gene può influenzare sia la probabilità di autismo che quella di schizofrenia. Il gene è espresso in cellule gliali (microglia), che svolgono un ruolo nel rimodellamento delle sinapsi nel cervello — processi chiave nello sviluppo neuronale. Alterazioni qui potrebbero compromettere la formazione e la regolazione delle connessioni tra neuroni, contribuendo al rischio.
Meccanismi biologici: sinapsi, pruning e segnale neuronale
Molti dei geni identificati influenzano funzioni legate alle sinapsi (i punti in cui i neuroni comunicano), ai segnali glutamatergici o GABAergici, alla regolazione del pruning sinaptico (ovvero l’eliminazione di connessioni neuronali in eccesso, che avviene durante lo sviluppo). Per esempio la mutazione del gene C4 è stata collegata alla schizofrenia perché aumenta l’attività del pruning sinaptico nel cervello adolescenziale. Questi processi sono essenziali per una maturazione cerebrale corretta: se squilibrati, possono portare a connessioni insufficienti o eccessive, con conseguente impatto sulla funzione cognitiva e sulla percezione sensoriale e sociale.
Limiti attuali: ciò che le nuove scoperte non ci dicono ancora
Nonostante queste importanti scoperte, ci sono diverse limitazioni. Primo: molte varianti scoperte sono rare, cioè presenti in poche persone, e il loro effetto grosso sul rischio non spiega da solo la maggior parte dei casi. Secondo: la presenza di una mutazione di rischio non significa che automaticamente si svilupperà autismo o schizofrenia: ci vogliono fattori ambientali, interazioni genetiche, tempistiche dello sviluppo prenatale o perinatale, etc. Terzo: la maggior parte degli studi finora è condotta su popolazioni con ancestrie europee o nordamericane: serve diversificare di più i campioni per capire se i meccanismi sono universali. Quarto: le implicazioni cliniche sono ancora distanti: diagnosticare “precoce rischio genetico” è diverso da avere un trattamento efficace che prevenga il disturbo.
Potenziali applicazioni: diagnosi e terapie future
Le scoperte del genoma aprono varie possibilità. Una è l’uso del profilo genetico come marcatore di rischio predittivo, per identificare bambini o adolescenti che richiedono monitoraggio, interventi precoci o supporti specifici. Un’altra è l’individuazione di nuove terapie che agiscano sui meccanismi biologici sottostanti (per esempio, modulando il pruning sinaptico, o migliorando la funzione di segnalazione sinaptica glutammatergica o GABAergica). Infine, anche la genetica personalizzata potrà guidare studi farmacologici in cui si testano composti su base genetica: chi ha certe mutazioni potrebbe rispondere meglio a trattamenti mirati.
Gene, ambiente e speranza
L’arco completo che porta a disturbi come l’autismo o la schizofrenia è ancora complesso e può includere genetica, epigenetica, ambienti prenatali, esperienze di vita. Ma le nuove prove raccolte nel DNA rappresentano pezzi fondamentali del puzzle: non solo individuano parti del rischio, ma anche svelano le vie biologiche con cui quel rischio si traduce in alterazioni cerebrali. Queste scoperte danno speranza: comprendere meglio i primi indizi genetici può permettere diagnosi più precoci, interventi tempestivi e, un giorno, trattamenti più efficaci che agiscano sulle cause, non solo sui sintomi.

