Tra 3,7 e 2,5 miliardi di anni fa anche la Luna era geologicamente attiva come il nostro Pianeta, e sulla sua superficie si potevano verificare terremoti, eruzioni vulcaniche e degassamento. Ora invece il nostro satellite è ormai geologicamente inerte da miliardi di anni. Ma nonostante ciò, sulla sua superficie possono ancora verificarsi piccoli eventi sismici dovuti alla flessione delle maree, causata dall’attrazione gravitazionale della Terra, e alle variazioni di temperatura.
Si tratta di piccoli terremoti con cadenza abbastanza regolare conosciuti con il termine inglese di “moonquakes”. L’attività sismica della Luna ed i moonquakes, sono stati studiati grazie ai dati raccolti dai sismometri delle missioni Apollo della NASA.
La ricerca della Caltech sui terremoti lunari
In un recente studio finanziato dalla NASA, un team di ricercatori del California Institute of Technology (Caltech) ha riesaminato i dati sismici con un modello di apprendimento automatico. Ciò ha rivelato che i terremoti si verificano con precisa regolarità, in coincidenza con il Sole che sorge nella sua posizione di picco nel cielo e poi tramonta lentamente.
La ricerca finanziata dalla NASA è stata guidata da Francesco Civilini, un post dottorato della Caltech, ora presso il Marshall Space Flight Center della NASA. A lui si sono uniti Renee Weber , una scienziata planetaria del Marshall Space Flight Center, e Allen Husker, professore e ricercatore di geofisica presso la Divisione di scienze geologiche e planetarie della Caltech.
A differenza della flessione delle maree all’interno della Luna, i terremoti sono il risultato di cambiamenti di temperatura nella crosta lunare (terremoti termici). L’ambiente senz’aria sulla Luna significa essenzialmente che il calore del Sole non viene trattenuto, né la luce solare porta al graduale riscaldamento della superficie. Di conseguenza, la crosta viene riscaldata a temperature fino a 120 °C durante le ore di punta della giornata e scende fino a una temperatura minima di -133 °C durante la notte. Ciò fa sì che la crosta si espanda e si contragga rapidamente, innescando piccoli eventi sismici.
I dati delle missioni Apollo rianalizzati con l’apprendimento automatico
Nel 1972, gli astronauti della missione Apollo 17 posizionarono dei sismometri sulla Luna per misurare questa attività. I sensori hanno raccolto dati dall’ottobre del 1976 al maggio del 1977. Civilini e il suo team hanno rianalizzato questi dati sismici lunari con l’aiuto di un modello di apprendimento automatico. La loro analisi ha mostrato che i terremoti termici si verificano con precisa regolarità ogni pomeriggio quando il Sole lascia la sua posizione di picco nel cielo e la superficie inizia a raffreddarsi rapidamente. Tuttavia, il modello ha rilevato anche tracce sismiche mattutine che apparivano diverse dai terremoti serali.
I ricercatori sono stati in grado di triangolare la fonte dell’attività e hanno scoperto che le scosse mattutine provenivano a poche centinaia di metri dai sismometri. Le scosse provenivano infatti proprio dallo stesso lander lunare Apollo 17. Ogni mattina, quando la luce solare raggiungeva il veicolo, la sua superficie si espandeva, provocando vibrazioni nel terreno rilevate dal sistema sismico.
Come ha spiegato Husker, “ogni mattina lunare, quando il Sole colpiva il lander, iniziavano i piccoli terremoti. Uno ogni cinque o sei minuti, per un periodo da cinque a sette ore terrestri. Erano incredibilmente regolari e ripetitivi”.
Conoscere i piccoli terremoti lunari potrebbe aiutarci a pianificare le future missioni
Questi dati potrebbero avere implicazioni significative per le future missioni sulla Luna, incluso il programma Artemis della NASA. Sebbene i terremoti termici siano troppo piccoli per essere avvertiti da chiunque si trovi sulla superficie lunare, questi risultati forniscono dati vitali che potrebbero aiutare la progettazione di futuri lander e attrezzature, come il campo base Artemis, la Stazione internazionale di ricerca lunare (ILRS) e il Moon Village proposto dall’ESA.
Inoltre, l’attività sismica è un buon modo per sondare l’interno dei corpi celesti, che può essere utilizzato per dedurre le strutture interne dei corpi celesti e localizzare materiali nel sottosuolo.
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