Gli scienziati hanno scoperto una donna il cui cervello si è rivelato straordinariamente resistente all’Alzheimer a causa di una incredibile mutazione genetica. La donna, di cui non si conosce l’identità, avrebbe circa 70 anni e ha mostrato un corredo genetico che è sembrato mostrare una straordinaria resistenza allo sviluppo della malattia, che in genere inizia a palesarsi alla soglia dei 40 anni. Tuttavia, la donna è rimasta in salute per i successivi 30 anni.
Capire in che modo funziona la mutazione e come questa protegga la donna dalla malattia potrebbe essere la chiave per sviluppare nuovi trattamenti. I ricercatori della Harvard University si sono imbattuti nella donna mentre conducevano uno studio su circa 1.200 persone, provenienti da una comunità in Colombia: dai risultati è emerso che alcune persone di questo gruppo posseggono una mutazione del DNA tale da rendere quasi certo che un giorno contrarranno l’Alzheimer, mentre molti altri si sono mostrati stranamente “indifferenti” ad essa.
La donna, di cui non si conosce l’identità, presenta tutti i presupposti per l’insorgere della malattia ma a 70 anni non accusa alcun sintomo!
Quando gli scienziati hanno analizzato il suo cervello, hanno scoperto che la donna presentava livelli molto alti di quelle che sono chiamate “placche“, ossia grumi di proteine che ostruiscono le cellule nervose. Queste placche sono un segnale importante dell’insorgere dell’Alzheimer ma, nonostante la loro massiccia presenza nel suo cervello, la donna non ha mostrato alcun segno della malattia. “Si tratta di un raro caso in cui lo studio di una sola persona potrebbe cambiare il pensiero di un intero campo di ricerca“, ha affermato la dottoressa Fiona Carragher, responsabile della ricerca presso l’Alzheimer’s Society.
“Questa persona avrebbe dovuto sviluppare l’Alzheimer intorno ai 40 anni, ma nonostante un numero davvero elevato di placche di amiloide nel suo cervello, ha raggiunto i 70 anni senza mostrare alcun segno di demenza“, continua Carragher. Dopo settant’anni, la donna ha fatto registrare solo quello che viene definito un “lieve deficit cognitivo“, cioè un “rallentamento” del cervello non dissimile da quello che tipicamente insorge con l’invecchiamento.