Il grafene potrebbe salvare il nostro pianeta ottenendo acqua potabile dai mari, questa è la grande notizia che ci arriva dalla CNN. La questione legata all’approvvigionamento di acqua potabile è sempre più spinosa, un tema che porta alla mente le condizioni difficili nelle quali vivono milioni di persone in tutto il mondo e una delle cause principali di conflitti geopolitici.
Gli scienziati da anni cercano di trovare una risposta efficiente a questo problema, non è sicuramente semplice sciogliere la matassa ma qualcosa si muove ed è qualcosa di grosso. E’ banale constatare che la maggiore fonte idrica disponibile sul nostro pianeta sia rappresentato dagli oceani, ma questo enorme bacino non è utilizzabile per gli scopi umani. Non ancora, almeno, perché una soluzione c’è. Scopriamo insieme di cosa si tratta.
Acqua potabile per tutti?
La Terra è ricoperta al 71% di acqua, e se gli effetti del cambiamento climatico dovessero proseguire con questo ritmo la percentuale potrebbe salire ulteriormente. Il 96.5% delle risorse idriche è costituito da oceani, si tratta ovviamente di acqua salata, dunque inutilizzabile per agricoltura, animali e uomini. Oppure ci sbagliamo?
Per anni, si è provato a trovare modi adeguati per rimuovere il sale contenuto nei mari e ottenere acqua potabile, gli studiosi dell’Università di Manchester forse hanno trovato la strategia giusta. Si tratta di un voglio ultra-sottile di atomi di carbonio organizzati in esagoni di lattice. Lo studio è stato guidato dal Dottor Rahul Nair.
Il grafene è il primo materiale in due dimensioni, un milione di volte più sottile rispetto a un capello umano e, sebbene sia molto flessibile, è circa 200 volte più resistente dell’acciaio. Anche lo spessore di un atomo è in grado di assorbire il 2.3% di luce, risultato visibile anche a occhio nudo.
Non si tratta del primo utilizzo del grafene per ottenere acqua potabile, tuttavia i ricercatori si sono imbattuti in alcuni problemi. I pori della membrana in grafene tendono a ingrossarsi quando immersi in acqua, dunqe invece di trattere le minuscole particelle fuori dall’acqua filtrata, la lasciano passare, comunque la maggior parte di ioni e molecole vengono bloccati.
Il Dottor Nair ha descritto il processo con un un singolo strato di grafene come filtro: “Le molecole possono passare individualmente, ma il cloruro di sodio non può. Ha bisogno dell’aiuto delle molecole d’acqua, la grandezza del rivestimento acquoso intorno al sale è più ampio del canale, dunque non può passare”.
Adesso, grazie a Rahul Nari e il suo staff, abbiamo un modo per controllare l’espansione del grafene, in modo che i pori restino stretti. Basta un rivestimento di resina epossidica sul grafene per evitare l’espansione e impedire che impurità e sale riescano a passare, la sostanza in questione è spesso utilizzata per rivestimenti e colle.
“Quando la misura capillare si attesta intorno a un nanometro – prosegue Nair – che è molto vicino alla grandezza di una molecola d’acqua, queste molecole formano una coda interconnessa, un po’ come un treno. Questo rende il movimento dell’acqua molto rapido”. Entro il 2025 è previsto che circa due terzi della popolazione mondiale soffriranno mancanza di acqua potabile. Neppure gli Usa saranno immuni.
Non abbiamo però ancora trovato la soluzione definitiva a questo spinoso problema, Ram Devanthan del Pacific Northwest National Laboratory di Washington, infatti, afferma la necessità di rendere il grafene più durevole in modo che possa sostenere la prolungata esposizione all’acqua di mare. La membrana, inoltre, dovrebbe essere pulita e sostituita periodicamente, necessario anche un attento monitoraggio per valutare la qualità dell’acqua.
Fonte: inquisitr.com