Chernobyl è senza ombra di dubbio il disastro nucleare più conosciuto al mondo, il simbolo della pericolosità di questo genere di tecnologia. È da sempre usato come esempio quando qualcuno vuole andare contro la costruzione di nuovi impianti o per cercare di chiudere quelli già esistenti. In ogni caso non è questo il punto del discorso, ma piuttosto lo è quello che attualmente sta accadendo sul sito del disastro.
Come forse saprete, dopo l’incidente parte dell’impianto venne chiuso sotto un sarcofago di cemento armato. Lo scopo era di impedire alle radiazioni di uscire e spargersi per l’Europa; ovviamente una contaminazione iniziale c’era stata, ma il sacrificio di migliaia di lavoratori sovietici, era il 1986 quindi l’Unione Sovietica era ancora in piedi, ha permesso di evitare il peggio; i morti accertati per la messo in opera è di 31, ma altri hanno comunque dovuto fare i conti con le radiazioni. Il tempo non è stato clemente con questo stato protettivo e dopo 33 anni la sua integrità risulta essere alquanto precaria.
Chernobyl e il sarcofago protettivo
L’intero sarcofago è grosso 400.000 metri cubi ed è fatto interamente di cemento con all’interno 16 milioni di libre di acciaio. Per evitare il peggio il lavoro non è stato di certo certosino e infatti sono stati lasciati diversi fori nel soffitto e non sono state sigillate a dovere alcune articolazioni. Questi punti hanno permesso all’acqua di infiltrarsi all’interno causando una maggiore erosione del tutto. Il risultato è che ora il sarcofago va buttato giù.
Questo abbattimento è inevitabile e, infatti, la compagnia che gestisce il sito ha già firmato un contratto da 78 milioni di dollari con una società di costruzioni la quale smantellerà il tutto entro il 2023. Non verrà lasciato scoperto il sito in quanto è presente un altro sarcofago più grande che è stato ultimato nel 2016. Dopo questo passaggio di inizierà a ripulire le scorie radioattive dal reattore 4, quello dell’incidente, ed un processo che potrebbe andare avanti fino al 2065.