Il ritmo attuale delle emissioni di carbonio causate dall’uomo è sempre più probabile che provochi un riscaldamento globale eccessivo, secondo uno studio internazionale. I ricercatori che studiano uno degli argomenti più importanti e fastidiosi della scienza del clima hanno scoperto che è estremamente improbabile che il riscaldamento si trovi nella parte bassa delle stime.
Gli scienziati ora affermano che è probabile che se le attività umane spingano l’anidride carbonica a tali livelli, la temperatura media globale della Terra aumenterà molto probabilmente tra 4,1 e 8,1 gradi. La gamma stimata di sensibilità climatica precedente e di vecchia data, come indicato per la prima volta in un rapporto del 1979, era compresa tra 2,7 e 8,1 gradi.
Riscaldamento globale, alcuni studi ne dimostrano l’aumento
Se il riscaldamento raggiungesse il punto medio di questa nuova gamma, sarebbe estremamente dannoso, ha affermato Kate Marvel, un fisico della NASA. La nuova gamma è più ristretta, ma mostra almeno una probabilità del 95% che un raddoppio di anidride carbonica, che il mondo dovrebbe raggiungere entro i prossimi cinque decenni, comporterebbe un riscaldamento maggiore di 3,6 gradi rispetto alle temperature preindustriali.
Questa è la soglia oltre la quale gli scienziati affermano che la Terra subirà effetti pericolosi; l’innalzamento del livello del mare dirompente, le ondate di calore intollerabili e altri fenomeni meteorologici estremi e danni permanenti agli ecosistemi. Rimanere al di sotto è ancora possibile.
Se a breve termine si realizzassero forti riduzioni delle emissioni, si potrebbe evitare un raddoppio dei livelli di biossido di carbonio. Tuttavia se si verifica un raddoppio, ci sarebbe una probabilità dal 6 al 18% di superare il limite superiore definito dallo studio di 8,1 gradi.
Il “santo graal” della scienza del clima
Per decenni, gli scienziati hanno cercato di rispondere alla domanda su quanto le temperature globali potessero aumentare se la quantità di anidride carbonica nell’atmosfera terrestre raddoppiasse. Questa misura è stata stimata in uno studio del 1979 del National Research Council guidato dal professor Jule Charney del Massachusetts Institute of Technology.
Il “Rapporto Charney ” ha concluso che la sensibilità climatica del pianeta era probabilmente compresa tra 2,6 e 8,1 gradi. Da allora, i ricercatori hanno cercato di restringere tale intervallo, contendendo una miriade di incertezze su come gli oceani e l’atmosfera rispondano ai cambiamenti storici nell’emissione solare. Inoltre, gli scienziati hanno lottato con le incertezze nei modelli che simulano i cambiamenti climatici passati, presenti e futuri.
La questione della sensibilità climatica ha assunto una nuova urgenza poiché alcuni dei più recenti modelli informatici mostrano una sensibilità climatica più elevata. Il nuovo risultato restringe la gamma rispetto a quanto calcolato da Charney e dai suoi colleghi aumentando il limite inferiore.