Un nuovo scenario preoccupante arriva dal convegno della Società Italiana di Pneumologia. Dopo aver contratto il Covid-19, il 30% dei pazienti guariti potrebbero avere problemi respiratori cronici. Le cicatrici lasciate nei polmoni dal virus potrebbero compromettere l’organo e costituire future complicazioni.
Dunque si tratta di una nuova emergenza sanitaria e bisognerà prendere seri provvedimenti e rafforzare le pneumologie in tutti gli ospedali. Così ha riportato Luca Richeldi, direttore di Pneumologia del Gemelli di Roma.
Come riduce i polmoni il Covid-19?
In molti pazienti, affetti da Covid-19, in seguito guariti è stata rilevata una grave insufficienza respiratoria che si è prolungata per circa sei mesi. Oltre il 30% dei pazienti esaminati mostrava una fibrosi polmonare ben evidente, ossia cicatrici polmonari che compromettevano la capacità respiratoria dopo il minimo sforzo.
Questi sintomi si sono riscontrati non solo su persone anziane, ma anche sui più giovani. Questi ultimi sono circa il 75% dei pazienti esaminati. Confrontando i primi dati dai medici cinesi coi nostri, è stato messo in evidenza l’esistenza della fibrosi polmonare.
Gli esperti presumono che proprio la fibrosi polmonare diventerà una malattia consequenziale del Covid-19. Per questo raccomandano la massima attenzione e la necessità di ambulatori specializzati e percorsi riabilitativi per pazienti che hanno contratto il virus. Gli anziani sono coloro che sono maggiormente a rischio e potrebbero avere bisogno di assumere farmaci specifici.
Un ambulatorio di questo tipo è già aperto dal 27 aprile a Pavia, per i pazienti dimessi dall’ospedale San Matteo. Questi ultimi vengono sottoposti a diversi esami tra cui un esame radiografico, prove respiratorie e se necessario una tac toracica, per indagare se esistono tracce di un embolia polmonare. I dati rilevati mostrano quindi una grave insufficienza respiratoria che può diventare cronica. Si consiglia di inserire i pazienti che soffrono di questa patologia in appositi programmi di riabilitazione.