Diabete, il farmaco del sistema immunitario può ritardare la malattia

Un nuovo studio condotto da ricercatori dell'Università di Yale ha scoperto un nuovo farmaco rivoluzionario contro il diabete di tipo 1.

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Un farmaco rivoluzionario ritarda l’insorgenza del diabete di tipo 1 permettendo al corpo di continuare a produrre insulina, ha dimostrato un importante studio. Per la prima volta gli scienziati hanno dimostrato che è possibile rallentare l’emergere della condizione, una malattia autoimmune incurabile che di solito colpisce durante l’infanzia.

 

Il farmaco contro il diabete di tipo 1

I ricercatori guidati dalla Yale University hanno condotto il loro processo su 76 persone, per la maggior parte di età compresa tra 8 e 18 anni, tutte considerate ad alto rischio perché avevano familiari già diagnosticati. Hanno trovato che il trattamento con teplizumab, un’immunoterapia che attenua una parte specifica del sistema immunitario, ha portato a un ritardo nell’insorgenza del diabete di tipo uno in media di due anni.

Il trattamento con teplizumab, dato da una flebo ogni giorno per due settimane, agisce impedendo la distruzione delle cellule produttrici di insulina nel pancreas. Gli scienziati, i cui risultati sono stati pubblicati nel rispettato New England Journal of Medicine, hanno selezionato pazienti con parenti affetti da diabete di tipo 1 e che presentavano anche due o più auto-anticorpi e mostravano già segni di glicemia anormale.

Dei 76 individui nello studio di fase due, 55 avevano meno di 18 anni. Per confermare i risultati è necessario uno studio di fase tre più ampio, ma se ciò dovesse avvenire, il trattamento potrebbe essere disponibile entro pochi anni. A quel punto chiunque abbia parenti già affetti dalla malattia potrebbe sottoporsi ad esami del sangue per vedere se sono anche a rischio.

Karen Addington, amministratore delegato del Regno Unito dell’ente benefico per il diabete di tipo 1, JDRF, che ha finanziato parte del processo, ha dichiarato:

“Il diabete di tipo 1 può essere difficile. Vogliamo una cura per quelli che già vivono con il tipo uno. Ma vogliamo anche evitare che questa condizione si sviluppi sempre nelle persone a rischio. Imparare a ritardare l’esordio è il primo passo. La scoperta di oggi dimostra l’impatto del nostro programma di ricerca sul diabete di tipo uno, finanziato dai nostri sostenitori.”