Il composto allucinogeno presente nei “funghi magici“, la psilocibina, potrebbe aiutare a combattere la depressione, creando un cervello iperconnesso. Aumentando la connettività tra le due aree del cervello, la sostanza psichedelica può aiutare le persone depresse a evadere da schemi rigidi e negativi, secondo un nuovo studio. Ulteriori ricerche hanno suggerito che questo composto può essere un trattamento efficace contro la depressione, se somministrata sotto visione di specialisti nella salute mentale.
Il nuovo studio ha sondato in modo più dettagliato su come lo pscichedelico funziona riguardo i sintomi delle persone depresse. Per fare ciò, il team ha raccolto scansioni cerebrali di 60 pazienti che avevano partecipato a studi clinici per la terapia con psilocibina; queste hanno rivelato cambiamenti distinti nel cablaggio cerebrale dei pazienti che sono emersi dopo aver assunto il farmaco.
Gli individui con una buona funzione cognitiva e un benessere generale tendono ad avere cervelli altamente connessi. Al contrario nelle persone depresse hanno un cervello con segregazione. Questo tipo di organizzazione mina la capacità del cervello di passare dinamicamente tra diversi stati mentali e modelli di pensiero. Lo studio supporta l’idea che la psilocibina allevia i sintomi depressivi, almeno in parte, aumentando la connettività tra diverse reti cerebrali. Detto questo saranno necessari ancora ulteriori studi per replicare i risultati e convalidarli.
Il primo studio includeva persone con depressione resistente al trattamento, il che significa che i partecipanti avevano provato vari antidepressivi in passato senza riscontrare miglioramenti. Durante lo studio, questi pazienti hanno ricevuto una dose di 10 milligrammi di psilocibina e poi sette giorni dopo hanno ricevuto una dose aggiuntiva di 25 milligrammi. Sono stati attentamente monitorati durante ogni sessione di trattamento e successivamente hanno parlato con gli psicoterapeuti, riportando le loro esperienze. Per capire come il cervello cambiasse dopo il trattamento i ricercatori hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale, che misura i cambiamenti del flusso sanguigno nelle diverse parti del cervello.
Il movimento del sangue ossigenato attraverso il cervello riflette quali regioni dell’organo sono attive nel tempo. I partecipanti sono stati sottoposti a scansioni fMRI prima dell’inizio della terapia e poi un giorno dopo la loro dose di 25 milligrammi; e anche i loro sintomi depressivi sono stati valutati prima e dopo il trattamento. Le reti cerebrali dei pazienti sono diventate meno isolate e più integrate l’una con l’altra dopo il trattamento, come evidenziato dal flusso dinamico di sangue tra di loro. Questi cambiamenti erano correlati con miglioramenti a lungo termine nei sintomi depressivi dei pazienti.
Il secondo studio, ossia uno studio randomizzato, ha suggerito che il gruppo della psilocibina ha ricevuto due dosi da 25 milligrammi di psichedelico, distanziate di tre settimane l’una dall’altra, e ha anche preso pillole di zucchero durante il processo. Invece il gruppo escitalopram ha ricevuto due dosi da 1 milligrammo di psilocibina, anch’esse distanziate di tre settimane l’una dall’altra, e ha assunto quotidianamente pillole di escitalopram durante lo studio. Il secondo gruppo non ha mostrato cambiamenti significativi nella connettività cerebrale dopo il trattamento, ma come nel primo studio, coloro che hanno assunto psilocibina hanno mostrato un marcato aumento dell’integrazione della rete cerebrale.
In particolare il primo gruppo, trattato con lo pscichedelico, hanno presentato miglioramenti significativamente maggiori nei sintomi depressivi. Questo è molto importante, perché in qualche modo suggerisce che l’effetto antidepressivo della psilocibina funziona attraverso un meccanismo diverso dal modo in cui funzionano quel tipo di antidepressivi convenzionali. Supponendo che la terapia con psilocibina per la depressione venga finalmente approvata, potremmo aspettarci che i pazienti con depressione resistente al trattamento abbiano da tre a quattro sessioni di dosaggio in un anno, insieme a una psicoterapia simile a quella impiegata nei loro studi clinici.
Foto di Julien Caruso da Pixabay
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