Il mantello inferiore del nostro Pianeta non è un solido come si era fino ad ora pensato. Da una nuova ricerca è emerso che si tratti di un solido che però fluisce molto lentamente. Risulta essere simile al ferro nel suo stadio duttile durante la forgiatura.
Un importante scoperta per un team internazionale di ricercatori
Questa importante scoperta non influisce solo sulla nostra conoscenza del mantello, ma anche sul modo in cui questo influenza la crosta terrestre, che ne rappresenta lo strato superiore. La crosta terrestre sappiamo sia modellata dai moti convettivi, ritenuti provenire dal mantello superiore, e dal raffreddamento dell’interno del pianeta. Ma questa nuova ricerca dimostra che questo processo è molto più veloce di quanto era stato precedentemente stimato. Ciò potrebbe avere importanti conseguenze sulla geologia del pianeta e potrebbe portare ad effetti importanti nel lungo termine.
A condurre questo nuovo studio, un team internazionale composto da membri provenienti da diversi paesi del mondo, tra cui l’italiano Manuele Faccenda, dell’Università di Padova. Alla guida dell’equipe i ricercatori dell’University College di Londra e del CERIS (l’Istituto Tecnico Superiore dell’Università di Lisbona). A collaborare al progetto anche gli studiosi della Divisione di Geologia e Geofisica dell’università sudcoreana Kangwon National University. A coordinare tutto il team la professoressa Ana MG Ferreira docente nell’ateneo inglese.
Un enorme quantità di dati analizzata con simulazioni al computer
Per giungere a questa scoperta i ricercatori hanno utilizzato un tecnica conosciuta come tomografia sismica, un’analisi del pianeta basata sulla propagazione di onde sismiche. Le onde si comportano in modo diverso e specifico, a seconda dei diversi materiali che incontrano nel suolo. Il team ha proseguito all’analisi di ben 43 milioni di rilevazioni sismiche, inserendole in simulatori computerizzati.
Dall’elaborazione dell’enorme quantità di dati i ricercatori hanno notato delle anomalie nei movimenti del mantello ad oltre 1000 km di profondità, dal Sud America all’Anello del Sud Pacifico. Queste irregolarità suggeriscono che la roccia sia più fluida e dinamica di quanto si credesse.
Questi movimenti anomali del mantello, sono probabilmente correlati con i processi di subduzione dei fondali oceanici, i quali portano alla formazione di minerali che catalizzano questi movimenti, quando entrano in contatto col mantello inferiore.
Si tratta di una scoperta davvero importante, in quanto ci permette di comprendere meglio la struttura del nostro Pianeta. Una ricerca che si potrebbe rivelare molto utile anche nello studio e nella comprensione delle strutture degli esopianeti.