Un paio di mesi fa, all’inizio della pandemia da coronavirus tanto per averne un’idea, vicino alla zona di esclusione di Chernobyl era scoppiato un’incendio. È stato domato, ma è stato anche l’evento più grave da quando c’è stato l’incidente del 1986 al reattore della centrale nucleare. I danni sono enormi e gli esperti del poco sembrano poco speranzosi su una rinascita.
Le ultime fiamme sono state spente a metà maggio dopo che si sono estese su 66.000 ettari, 42.000 dei quali di foreste. Secondo il capo del laboratorio di flora e fauna, la pineta non rinascerà mai dopo tale danno.
Le fiamme sono avanzate distruggendo anche i vecchi villaggi abbandonati ai tempi del disastro nucleare. Ne sono stati distrutti 10 oltre che un vecchio cimitero. Detto questo, per fortuna, non c’è stato un aumento della radioattiva nell’aria se non in un primo momento. Non ci sono state vite umane, non che c’erano molte possibilità visto che la zona è inabitata.
L’incendio a Chernobyl: danni ingenti alla natura
Se da un lato le foreste di conifere sembrano andate e la ricrescita chiederà moltissimi anni, altre zone si sono salvate e gli animali stanno tornando. Le parole diDenys Vyshnevsky, responsabile scientifico della riserva di Chernobyl: “Monitoriamo costantemente e vediamo tendenze positive. Gli animali stanno tornando. Gli uccelli stanno già tornando.”
Gli esperti sono concordi nel dire che i cambiamenti climatici favoriranno di più questo tipo di eventi all’interno della zona di esclusione. L’incendio che si è appena concluso è nato a causa di un inverno e di una primavera più secchi del normale.