Bisogna ammetterlo. Il più grande limite degli smartphone odierni è rappresentato dall’autonomia. Le batterie a ioni di litio seppur ormai predominanti nel mondo dell’elettronica, non sono sinonimo di grande efficienza. Nonostante i numerosi studi che vengono condotti ogni giorno per aumentare la capacità delle batterie, negli ultimi anni abbiamo assistito esclusivamente al tentativo di realizzare hardware e software parsimoniosi di energia ed all’introduzione di sistemi di ricarica rapida che nulla hanno a che fare con la natura della batteria.
Uno dei problemi più gravi che affligge le batterie a ioni di litio, è senza dubbio il deterioramento. Le batterie perdono costantemente la loro capacità col passare del tempo, a seguito dei cicli di carica e durante l’esposizione a temperature elevate. Si tratta di un processo inevitabile che conduce la batteria a perdere in media il 40% della sua capacità originale in meno di 2 anni.
La causa è da ricercarsi nell’attuale materiale con la quale vengono realizzati gli anodi di queste batterie. Sembra infatti che la grafite non sia il materiale migliore. Un gruppo di ricercatori della Riverside Bourns College of Engineering è riuscito a realizzare una batteria a ioni di litio in cui l’anodo è costituito da una nano-struttura ottenuta dalla lavorazione dei funghi Portobello (molto simili agli Champignon).
Sembrerebbe infatti che la porosità della struttura ottenuta ed il suo elevato contenuto di sale di potassio, consenta all’anodo di durare nel tempo ed avere tempi di deterioramento talmente lunghi da risultare irrilevanti se paragonati alla vita media di un dispositivo. Non solo, l’anodo a base di funghi è molto più economico e semplice da realizzare e smaltire rispetto a quello in grafite.
Purtroppo non si sa se un’idea del genere vedrà mai la luce. Bisognerà verificare l’effettiva funzionalità e successivamente la fattibilità di un’introduzione nel mondo industriale. Tuttavia i risultati positivi nel mondo dei supporti energetici sono pur sempre una grande conquista.