Marte è un pianeta davvero estremo, inospitale e sferzato da tremende tempeste in grado di formare torri di polvere alte fino ad 80 chilometri. Tempeste enormi, come quella che ha avuto luogo lo scorso anno, sono in grado di trasformarsi in eventi catastrofici. Eventi di questo tipo non sono rari sul desolato Pianeta Rosso e sono in genere accompagnate da uno strascico di tempeste minori.
Tempeste di polvere in grado di uccidere… i rover!
Secondo i ricercatori della NASA, eventi di questo tipo, in grado di innalzare simili colonne di polvere, potrebbero farci comprendere qualcosa in più sul motivo per cui Marte abbia perso tutta la sua acqua. Inoltre sono eventi di questa portata ad aver decretato la morte del rover Opportunity.
Oppy fu infatti oscurata da uno strato di polvere che impedì ai suoi pannelli solari di ricaricarla. La tempesta del 2018 infatti, produsse torri di polvere di 80 km di altezza che ricadendo sulla superficie del pianeta, coprirono alcune zone con uno strato di polvere spesso 56 km.
Tempeste globali: gli eventi estremi i Marte
Queste tempeste di polvere globali sono degli eventi eccezionali per la loro potenza e sulla Terra non vi è niente di simile. Come ha affermato il ricercatore NASA David Kass, del Mars Climate Sounder, presso il Jet Propulsion Laboratory (JPL). Per questo motivo la NASA le tiene sott’occhio e ne studia le caratteristiche e le conseguenze.
Questo tipo di tempeste globali si verificano circa una volta ogni 3 anni e possono aver luogo in qualsiasi periodo dell’anno. Secondo quanto ricavato dalle osservazioni del Mars Recoinnassance Orbiter (MRO), a differenza delle tempeste normali che perdurano per 1 o 2 giorni, le tempesti globali possono perdurare anche per una o due settimane, dando luogo a spaventose torri multiple di polvere.
Le colonne di polvere che si formano durante queste tempeste, e non solo, sono alimentate dal Sole che riscalda l’aria facendola salire verso l’alto trascinando con se nell’atmosfera, la polvere alzata dalla tempesta. Insieme alla polvere, secondo i ricercatori, anche le molecole di acqua presenti nell’atmosfera sarebbero trascinate verso l’alto, dove le radiazioni solari le disintegrano. Questa potrebbe di fatto essere una possibile spiegazione alla perdita d’acqua di Marte.
Un sforzo congiunto per capire cosa dia vita q questi eventi e come Marte abbia perso tutta la sua acqua
Al momento il team di ricercatori del Mars Climate Modeling Center della NASA, sono a lavoro per cercare di scoprire di più su questi particolari eventi di cui ancora si sa molto poco. Fino ad oggi sono state studiate solo 12 di queste tempeste e ancora non si hanno certezze su quali siano gli eventi scatenanti. Per condurre le loro ricerche si avvalgono dell’ausilio di diversi orbiter della NASA come MRO, MAVEN ed il più vetusto Odyssey.
MAVEN, ovvero Mars Atmosphere and Volatile Evolution, studia l’atmosfera di Marte concentrandosi su come il Pianeta Rosso abbia perso l’acqua e l’atmosfera nel corso del tempo. Odyssey invece, in attività da ben 18 anni, utilizza il suo Thermal Emission Imaging System (THEMIS) per tracciare la temperatura superficiale e quella atmosferica di Marte, e la quantità di polvere nell’aria.
MRO ha invece un pacchetto di strumenti più complesso per lo studio del clima dell’inospitale Pianeta Rosso. Il suo Mars Climate Sounder (MCS) è un innovativo strumento sensibile al calore ed in grado di osservare sia nello spettro del visibile che in quello dell’infrarosso. Può misurare la temperatura, l’umidità e la quantità di polvere nell’atmosfera marziana, inviando sulla terra dati che mostrano l’andamento dell’atmosfera di Marte nel tempo.
Ma i dati raccolti da MRO riguardano il clima di Marte in generale e non si concentrano solo sulle terribili tempeste globali. Lo sforzo congiunto degli orbiter e delle sonde NASA. Potrebbe però permetterci di scoprire un giorno che cosa provochi tempeste di tali portata e di avere maggiori dettagli sulle loro caratteristiche ed i loro meccanismi. E chissà un giorno potremmo anche arrivare a capire come Marte abbia perso tutta la sua acqua, trasformandosi nell’arido deserto che oggi vediamo.