Secondo le osservazioni del Telescopio Spaziale Hubble, gestito da NASA ed ESA, e del Very Large Telescope (VLT) dell’European Southern Observatory (ESO), alle attuali teorie sulla materia oscura potrebbe mancare qualcosa sul suo comportamento. Questo tassello mancante potrebbe essere ciò che spiegherebbe le discrepanze tra le osservazioni e le simulazioni della concentrazione di materia oscura negli ammassi di galassie. Secondo recenti osservazioni infatti, alcune concentrazioni di materia oscura sarebbero in grado di produrre effetti di lente gravitazionale 10 volte maggiori rispetto a quanto previsto dai modelli.
Ciò che sappiamo sulla materia oscura è che è il collante che tiene insieme i pezzi del nostro universo, ovvero le stelle, la polvere e i gas in una galassia e ne costituisce la maggior parte della materia. Nonostante sia il fondamento della struttura del nostro Universo su larga scala, non emettendo luce, né assorbendola o riflettendola, non possiamo osservarla direttamente, possiamo solo intuire la sua presenza e studiarla in modo indiretto, analizzando i suoi effetti gravitazionali sulla materia visibile.
Gli ammassi di galassie: fondamentali per lo studio della materia oscura
Secondo Massimo Meneghetti, dell’INAF-Osservatorio di Astrofisica e Scienze Spaziali di Bologna in Italia, ed autore principale dello studio, “gli ammassi galattici sono laboratori ideali in cui studiare se le simulazioni numeriche dell’Universo attualmente disponibili riproducano bene ciò che possiamo dedurre dalle lenti gravitazionali”. Gli ammassi galattici, sono le strutture più massicce e assemblatesi più di recente nell’Universo, e contengono anche grandi quantità di materia oscura.
Secondo Meneghetti, dai risultati dei test è emersa una discrepanza tra le previsioni dei modelli computerizzati e le osservazioni scaturite dai numerosi test eseguiti durante lo studio e “siamo sicuri che questa discrepanza indica che qualche ingrediente fisico manca dalle simulazioni o dalla nostra comprensione della natura della materia oscura”, ha aggiunto Meneghetti.
La distribuzione della materia oscura negli ammassi di galassie, viene mappata misurando la flessione della luce provocata dall’effetto di lente gravitazionale da essa prodotto sulla luce proveniente dalle lontane galassie di fondo degli ammassi. È infatti la gravità della materia oscura a distorcere ed ingrandire la luce proveniente da queste lontane immagini che gli consente di essere poi fotografate da strumenti come il Telescopio Spaziale Hubble. Inoltre questo effetto lente, può produrre anche più immagini distorte della stessa lontana galassia.
Una mappa della materia oscura realizzate grazie ad Hubble e al Very Large Telescope
Grazie alle immagini scattate dalla Wide Field Camera 3 e dalla Advanced Camera for Surveys di Hubble, combinate con gli spettri del Very Large Telescope (VLT) dell’ESO, il team è riuscito nell’intento di creare una mappa della materia oscura accurata e ad alta fedeltà.
La mappa è stata creata misurando le distorsioni che la lente gravitazionale causata dalla materia oscura provoca sulle galassie, riuscendo a determinarne la quantità e la distribuzione. Questo è stato possibile poiché l’effetto di curvatura della luce è tanto maggiore, quanto più grande è la concentrazione di materia oscura in un ammasso. Inoltre la materia oscura che costituisce la maggior parte delle singole galassie nell’ammasso, aumenta il livello della distorsione. È come se l’ammasso galattico fosse un’enorme lente con al suo interno tante altre piccole lenti.
Le immagini di Hubble infatti hanno rivelato un numero inaspettato di riflessi distorti di galassie su scala ridotta e nidificate vicino al nucleo di ogni ammasso, dove si trovano la maggior parte delle galassie dell’ammasso. Queste lenti, secondo i ricercatori, sono il risultato dalla gravità di concentrazioni dense di materia all’interno delle singole galassie.
Una volte individuati questi aspetti, i ricercatori hanno condotto ulteriori studi per determinare la massa di queste singole galassie, misurando la velocità delle stelle al loro interno, grazie alle analisi spettroscopiche del VLT.
Dunque dalla combinazione dei dati ricavati studiando le immagini di Hubble, con quelli derivanti dalle analisi spettroscopiche del VLT, i ricercatori sono stati in grado di identificare le galassie di fondo e determinare la loro massa. Questo gli ha permesso di creare una mappa ad alta risoluzione e molto fedele, della distribuzione della materia oscura in ogni ammasso di galassie.
Discrepanze tra osservazioni e modelli simulati
La mappa ottenuta in questo studio è stata poi confrontata con quelle precedentemente realizzate da modelli simulati degli ammassi di galassie di dimensioni e distanza simili a quelli osservati nello studio. In nessuno dei modelli presi in considerazioni è stato riscontrato lo stello livello di concentrazione di materia oscura a livello delle singole galassie.
L’incessante lavoro di astronomi e astrofisici per determinare la natura ed il comportamento della materia oscura prosegue ancora dunque. E le discrepanze riscontrate in questo nuovo studio, potrebbero fornire un nuovo spunto per ulteriori studi su questo sconosciuto elemento che rappresenta la maggior parte della massa del nostro Universo.
Immagine: NASA – Hubble