Le varianti Covid-19 Delta e Omicron sono sempre state varianti di preoccupazione, rilevanti a livello globale. Mentre la variante Delta porta ad un rischio di sviluppare una grave malattia polmonare, la variante Omicron provoca spesso sintomi più lievi, soprattutto nelle persone vaccinate. Proprio da ciò sorge una domanda, ossia se le infezioni diffuse da Omicron possano portare ad una protezione incrociata e porge quindi una fine accelerata della pandemia.
Un nuovo studio ha mostrato che senza alcun tipo di vaccinazione, l’infezione da Omicron induca una risposta immunitaria umorale limitata sia nei topi da laboratorio che nell’uomo. I sieri dei topi che sovraesprimono il recettore ACE2 umano e infettati con Omicron neutralizzano solo Omicron, ma nessun altra variante, mentre è stata osservata una neutralizzazione incrociata più ampia dopo infezioni WA1 e Delta.
A differenza delle altre varianti precedenti, Omicron si replica a bassi livelli nei polmoni e nel cervello di animali infetti, portando ad una ridotta attivazione delle cellule T residenti nei polmoni e portando ad una malattia lieve con una ridotta espressione di citochine pro-infiammatorie. Anche nell’uomo troviamo lo stesso risultato con una limitata neutralizzazione della sola variante Omicron. in particolare, il danno polmonare era minore, gli animali perdevano meno peso e, in generale, la mortalità era inferiore.
Gli esperti ritengono che la variante Omicron preferisca aggredire l’epitelio che riveste le mucose delle vie aeree superiori, piuttosto che le cellule epiteliali polmonari; un’evidenza, questa, che si contrappone in modo netto a quanto osservato per la variante Delta. Questa differenza di comportamento tra Omicron e le varianti precedenti troverebbe spiegazione in alcune mutazioni del genoma di Omicron che hanno portato quest’ultima a ridurre l’affinità per le cellule epiteliali polmonari. La minore affinità per i polmoni e la preferenza per le vie aeree superiori sembrerebbero essere i motivi plausibili per cui l’infezione da Omicron sfocerebbero meno spesso in quadri clinici gravi.
Tutti gli studi condotti prima della comparsa di Omicron hanno evidenziato che le varianti precedenti presentavano una preferenza per il meccanismo d’ingresso che coinvolge la serin-proteasi TMPRSS2, mentre non sfruttavano così spesso il meccanismo tramite catepsine. Con Omicron, però, si è assistito a un cambio radicale di comportamento: questa nuova variante, infatti, ha dimostrato una predilezione per la via che sfrutta le catepsine.
A un esame più approfondito, tuttavia, questa situazione presenta il cosiddetto risvolto della medaglia: se è vero che Omicron risparmia le delicate cellule polmonari esprimenti TMPRSS2, è altrettanto verosimile che potrebbe rappresentare una minaccia per una grande vastità di altri tessuti, considerato che, come si è detto più volte, le catepsine sono ubiquitarie ed espresse in moltissime linee cellulari. I risultati dimostrano che l’infezione da Omicron migliora l’immunità preesistente suscitata dai vaccini ma, da sola, potrebbe non conferire un’ampia protezione contro le varianti non Omicron negli individui non vaccinati.
Foto di Gerd Altmann da Pixabay
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