Negli anni ’70, Stephen Hawking teorizzò che il Big Bang potesse aver generato una moltitudine di minuscoli buchi neri primordiali, capaci di emettere energia sotto forma di radiazione, oggi nota come radiazione di Hawking. Secondo questa teoria, tali buchi neri perderebbero gradualmente massa fino ad evaporare del tutto, rilasciando una grande quantità di particelle ad alta energia poco prima della loro scomparsa.
Ora, un team di scienziati ha rilevato una particella misteriosa nelle profondità del Mar Mediterraneo: si tratta di un neutrino ad alta energia, che potrebbe rappresentare la prova tangibile dell’evaporazione di uno di questi antichi buchi neri.
Un segnale da un buco nero in evaporazione?
A febbraio 2025, i ricercatori della collaborazione europea KM3NeT, che gestisce un rilevatore sottomarino al largo delle coste di Francia, Italia e Grecia, hanno individuato un neutrino con un’energia di circa 100 PeV (petaelettronvolt). Si tratta di un valore 25 volte superiore all’energia delle particelle generate nel Large Hadron Collider (LHC), il più potente acceleratore di particelle al mondo.
Un team indipendente ha ipotizzato che questo neutrino possa essere il prodotto finale dell’evaporazione di un buco nero primordiale, una possibilità che potrebbe cambiare il nostro modo di comprendere il cosmo.
Buchi neri primordiali e materia oscura
Secondo gli scienziati, questi buchi neri primordiali potrebbero essere molto più piccoli di quelli massicci che osserviamo oggi nei centri delle galassie, e alcuni di essi potrebbero essere sopravvissuti per miliardi di anni prima di evaporare. Questo scenario li renderebbe possibili candidati per spiegare la materia oscura, la misteriosa componente che costituisce circa l’85% della massa dell’Universo.
Il neutrino appena rilevato potrebbe quindi essere il primo indizio di un fenomeno più diffuso di quanto si pensasse. Se i buchi neri primordiali esistessero davvero in gran numero, le loro esplosioni dovrebbero essere rilevate con una certa regolarità.
Verso una scoperta epocale?
Gli scienziati di KM3NeT continueranno a monitorare i fondali marini nella speranza di individuare altri neutrini simili. Se ciò accadesse, avremmo una prova concreta non solo della teoria di Hawking sulla radiazione dei buchi neri, ma anche di una possibile connessione con l’origine della materia oscura.
Se confermata, questa scoperta potrebbe rappresentare un passo fondamentale nella comprensione della struttura dell’Universo e delle sue origini, avvicinandoci sempre di più a svelare uno dei più grandi misteri della cosmologia.
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