Astronauti potrebbero ritrovarsi presto ad assumere sostanze nutritive e utilizzare oggetti di plastica derivati dalla propria urina, questo è quanto affermano scienziati che cercano nuovi soluzioni per la conquista dello spazio.
L’urina viene già riciclata a bordo della Stazione Spaziale Internazionale al fine di fornire acqua potabile agli astronauti americani, un sistema che però non è stato adottato dal personale russa.
Un nuovo strumento per conquistare lo spazio
Nello spazio niente può essere buttato, la nuova parola d’ordina è sostenibilità, come dimostra Space X con il lancio dei suoi Falcon 9 “riciclati”. Come afferma il biologo Mark Blenner, una delle principali sfide è rappresentata dalla creazione di agenti nutritivi e materiale durante i viaggi a lungo termine. Missioni come quelle che ci porteranno su Marte dovranno essere, almeno in gran parte, autosufficienti.
Nel corso della conferenza annuale dell’American Chemical Society, è stato presentato un progetto innovativo che riguarda la possibilità di usare l’urina umana per alimentare la Yarrowia lipolytica, un tipo di fungo che possiamo trovare comunemente nel formaggio. Tramite questo procedimento è possibile ottenere zuccheri, lipidi e altri agenti nutrienti.
Il fungo può essere geneticamente modificato per produrre ulteriori sostanze, si pensi agli omega-3, ma anche materiali plastici come il poliestere. Sulla ISS è già attiva una stampante 3D, l’idea è quella di sfruttare il fungo per produrre plastica che possa essere modellata a seconda delle esigenze. Il progetto è ancora in fase embrionale, ma gli studiosi lasciano trasparire un certo ottimismo.
Il team di ricercatori, che comprende Blenner, sta cercando modi per sfruttare gli escrementi umani per produrre materiale organico al fine allo scopo di produrre materiale organico per agevolare la crescita dei funghi. Mark Hempsell, presidente della società interplanetaria britannica, ritiene però che questa tecnologia richieda molti anni prima di essere operativa e abbastanza pratica da trasportare nello spazio.
Fonte: theguardian.com