In un mondo dove le riserve idriche sono sempre più sotto pressione, la nuova tecnologia sviluppata dai ricercatori dell’Università del Nevada (UNLV) potrebbe rappresentare una svolta per le regioni aride. Sfruttando un approccio ispirato alla natura, come la capacità di alcune piante e rane di assorbire l’umidità atmosferica, il team guidato dal professor H. Jeremy Cho ha sviluppato un dispositivo in grado di estrarre l’acqua dall’aria anche in condizioni di umidità estremamente basse.
Questo dispositivo utilizza una membrana idrogel, una “pelle” che cattura le molecole d’acqua presenti nell’aria e le immagazzina in una soluzione salina. Anche con un’umidità inferiore al 10%, come quella tipica del deserto del Nevada, la tecnologia riesce a raccogliere quantità significative d’acqua: con un metro quadrato di superficie, il dispositivo può produrre fino a quattro litri d’acqua al giorno in queste condizioni estreme. In ambienti con livelli di umidità più alti, può arrivare a produrne tre volte tanto.
Rispetto alle tecnologie esistenti per la raccolta dell’acqua atmosferica, che faticano a operare in ambienti secchi, questo metodo offre una maggiore efficienza anche in condizioni difficili. Testato a Las Vegas, il dispositivo si è dimostrato efficace ed economico, soprattutto considerando che può essere alimentato dall’energia solare. In aree come la Valle di Las Vegas, che beneficia di circa 300 giorni di sole all’anno, l’energia solare non solo rende il processo sostenibile, ma riduce anche i costi complessivi.
L’invenzione del professor Cho e del suo team offre un esempio concreto di come le soluzioni ispirate alla natura possano rispondere alle sfide del cambiamento climatico e della scarsità d’acqua. Questo dispositivo, che sembrava fantascienza solo pochi anni fa, potrebbe rappresentare la chiave per garantire una fonte d’acqua affidabile e sostenibile nelle zone più aride del pianeta.