Nonostante la sonda Voyager 2 sia già nello spazio da 45 anni e si trovi a ben 19 miliardi di chilometri dalla Terra, sembra che la NASA abbia appena trovato un modo per mantenerla in vita per altri 3 anni.
Ancora una volta dunque la NASA riesce a rinviare l’estremo saluto alla straordinaria Voyager 2. Stavolta ci è riuscita hackerando una fonte di alimentazione di riserva che consentirà alla sonda di funzionare per altri 3 anni, ovvero fino al 2026.
Knowledge is power! ⚡️
Thanks to my team, I'm now using a small reserve of backup power to operate the five science instruments I use to study interstellar space. Because of this, I can postpone shutting down one of my science instruments until 2026, rather than this year. – V2
— NASA Voyager (@NASAVoyager) April 26, 2023
Voyager: da 45 anni nello spazio per noi
Durante la loro lunghissima permanenza nello spazio, le sonde gemelle Voyager 1 e 2, hanno fornito un’impressionante quantità di importantissimi dati. Ora, 45 anni dopo il loro lancio, avvenuto ad un mese di distanza l’una dall’altra nel 1977, le sonde viaggiano nello spazio interstellare, a 19 e 22 miliardi di chilometri dalla Terra. Tra i loro record dunque, le sonde Voyager possono vantare anche di essere gli oggetti creati dall’uomo più lontani nello spazio.
E come spiega Linda Spilker, scienziata del progetto Voyager presso il Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA, “i dati scientifici che le Voyager stanno restituendo, diventano più preziosi quanto più si allontanano dal Sole. Siamo decisamente interessati a mantenere in funzione il maggior numero di strumenti scientifici il più a lungo possibile”.
Quando partirono nel 1977, inizialmente doveva essere solo per una missione di quattro anni per superare Saturno e Giove. Con loro portavano una registrazione incisa su un disco d’oro con informazioni e indizi sulla Terra per eventuali popolazioni aliene.
Le sonde non hanno mai incontrato gli alieni fino ad ora, ma di certo hanno superato ogni più rosea aspettativa della NASA. Le missioni Voyager sono state infatti continuamente estese, prima solo verso Nettuno e Urano, poi spingendosi più lontano di qualsiasi altra sonda, ovvero spingersi oltre l’eliosfera, la dove il Sistema Solare lascia posto allo spazio profondo.
L’eliosfera è infatti una sorta di bolla di particelle e campi magnetici che si estendono dal Sole e che difende il Sistema Solare e, dunque anche la Terra, dalle radiazioni cosmiche galattiche. E le due sonde si trovano ora al di fuori della bolla, da dove possono fornirci informazioni senza precedenti sulle sue proprietà, come la sua forma e il suo ruolo protettivo.
Ecco come la NASA è riuscita a dare energia per altri 3 anni
Proprio per l’importanza delle informazioni che ci arrivano dalle sonde Voyager, la NASA vuole cercale di tenerle ancora in attività. E per riuscirci ha hackerato il sistema di alimentazione della longeva Voyager 2.
Le sonde sono alimentate da generatori che convertono il calore del plutonio in decadimento in elettricità. Man mano che questa fonte di energia si indebolisce, gli ingegneri della NASA hanno dovuto spegnere gli strumenti non essenziali, come le telecamere e i riscaldatori delle sonde, per risparmiare energia.
Mentre Voyager 2 stava iniziando a dare fondo alle sue ultime riserve di energia, gli ingegneri della NASA hanno trovato un modo per farle risparmiare energia e viverre più a lungo, “rubando” energia da un meccanismo di sicurezza progettato per difendere gli strumenti da sbalzi di tensione.
Come spiega infatti Suzanne Dodd, project manager di Voyager al JPL, “le tensioni variabili rappresentano un rischio per gli strumenti, ma abbiamo stabilito che si tratta di un piccolo rischio e l’alternativa offre una grande ricompensa per poter mantenere gli strumenti scientifici accesi più a lungo. Stiamo monitorando il veicolo spaziale da alcune settimane e sembra che questo nuovo approccio stia funzionando”.
La NASA potrebbe prendere in considerazione di ripetere la stessa procedura anche su Voyager 1 che inoltre, a causa di un malfunzionamento di uno degli strumenti, non dovrebbe aver consumato tanta energia quanto Voyager 2.
Ph. Credit: NASA – NSSDC NASA public domain image