Dopo il Covid, l’allarme per la prossima pandemia
Il mondo non ha ancora dimenticato la devastazione del Covid-19: milioni di morti, economie paralizzate, sistemi sanitari messi in ginocchio. Eppure, secondo alcuni esperti, il peggio potrebbe ancora venire.
È l’allarme lanciato da Michael Osterholm, epidemiologo di fama internazionale, che nel suo nuovo libro The Big One: How We Must Prepare for Future Deadly Pandemics, scritto con l’autore Mark Olshaker, ipotizza uno scenario inquietante: una pandemia ancora più letale e difficile da contenere di quella vissuta tra il 2020 e il 2022.
L’opera, citata da Live Science, non è un esercizio di fantascienza ma un’analisi lucida e documentata delle vulnerabilità che il Covid ha messo in luce — e che, secondo gli autori, non sono state ancora risolte.
Un nuovo virus, più rapido e letale
Nel libro, Osterholm descrive un ipotetico coronavirus mutato, capace di combinare l’elevata contagiosità del Covid-19 con una mortalità simile a quella della SARS. Una minaccia che, in un mondo globalizzato e interdipendente, potrebbe diffondersi in poche settimane, colpendo simultaneamente tutti i continenti.
Il rischio, spiegano gli autori, non è solo sanitario ma sistemico: un nuovo blocco delle catene di approvvigionamento, la chiusura delle fabbriche e l’interruzione dei trasporti avrebbero effetti catastrofici sull’economia globale.
L’esempio più eloquente riguarda gli Stati Uniti: gran parte dei farmaci generici essenziali, inclusi quelli salvavita, viene prodotta in Cina e India. Se questi Paesi dovessero essere travolti da una nuova ondata virale, le conseguenze per i sistemi sanitari occidentali sarebbero immediate.
“Nessuno è al sicuro finché tutti non lo sono”
Osterholm richiama una frase del biologo premio Nobel Joshua Lederberg, che suona oggi più attuale che mai:
“Batteri e virus non sanno nulla della sovranità nazionale… Il microbo che ieri ha colpito un bambino in un continente lontano potrebbe arrivare oggi nel tuo e seminare una pandemia globale domani.”
Il messaggio è chiaro: l’isolazionismo sanitario non funziona. Durante il Covid-19, molte nazioni ricche si sono assicurate scorte eccessive di vaccini, lasciando i Paesi a basso reddito quasi senza dosi.
Il risultato è stato un ritardo globale nell’immunizzazione, che ha favorito la nascita di nuove varianti.
Per gli autori, non si tratta solo di un problema etico ma anche di puro interesse strategico: condividere vaccini e risorse è l’unico modo per contenere rapidamente la diffusione di un virus che non conosce confini.
Prepararsi alla “Grande Pandemia”: le proposte degli esperti
Osterholm e Olshaker propongono un cambio di paradigma nella gestione della salute globale. Le loro raccomandazioni principali includono:
- Investire nella ricerca di nuovi vaccini ad ampio spettro, capaci di contrastare più varianti o famiglie virali;
- Creare un sistema internazionale di produzione flessibile, in grado di aumentare rapidamente la capacità in caso di emergenza;
- Rafforzare la distribuzione globale, anche tramite infrastrutture per la catena del freddo e sistemi di trasporto coordinati;
- Istituire fondi pubblici internazionali per sostenere la produzione e garantire equità di accesso;
- Promuovere cooperazioni scientifiche e scambi di dati in tempo reale, evitando ritardi burocratici e nazionalismi sanitari.
Queste misure, sottolineano gli autori, non sono utopie, ma investimenti necessari per evitare che il mondo ripeta gli errori del 2020.
Etica e cooperazione: la lezione (non ancora imparata) del Covid
Oltre alla scienza, il libro mette al centro l’etica della salute pubblica. Osterholm ricorda che la medicina, a differenza di altri campi, non può prescindere dalla solidarietà.
La pandemia di Covid-19 ha mostrato quanto siano fragili i nostri confini: i virus non hanno passaporto, e la salute di ciascun Paese dipende da quella del resto del mondo.
Eppure, il rischio è che la memoria collettiva svanisca troppo presto.
“Se non cambiamo il nostro modo di stare al mondo — scrivono gli autori — la Grande Pandemia potrebbe essere persino peggiore del Covid-19.”
Un appello a non abbassare la guardia
A cinque anni dall’inizio della pandemia che ha cambiato la storia recente, l’avvertimento di Osterholm suona come un monito urgente: non possiamo permetterci di essere impreparati di nuovo.
La scienza ha già dimostrato di poter rispondere rapidamente, ma senza coordinamento globale, equità e lungimiranza, ogni progresso rischia di essere vano.
La prossima crisi sanitaria non è una possibilità remota: è una certezza statistica, spiegano gli esperti.
La domanda non è se arriverà, ma quando. E soprattutto: in che mondo ci troverà — diviso e diffidente, o unito e pronto a proteggere tutti, senza distinzione di confini.

