L’idea che la vita possa essere, in fondo, un grande sistema di elaborazione dati non è più solo filosofia. Gli scienziati oggi lo dicono chiaramente: il DNA è un codice, e la sua logica funziona in modo sorprendentemente simile a quella di un computer. Dalla biologia molecolare all’intelligenza artificiale, la frontiera della ricerca sta esplorando un territorio comune, dove le leggi della vita e quelle del calcolo sembrano parlarsi con la stessa lingua.
Dalla logica dei numeri alla logica della vita
Alan Turing e John von Neumann, padri dell’informatica moderna, avevano intuito già negli anni ’40 che la biologia e la matematica condividono una struttura profonda. Per Turing, la vita poteva essere descritta come un insieme di regole chimiche che generano forme — come le macchie di un leopardo o le spirali dei gusci marini — a partire da semplici interazioni. Lo chiamò morfogenesi, e in un certo senso fu la prima “simulazione biologica” mai concepita.
Von Neumann, invece, immaginò un automa cellulare: una griglia di elementi che cambiano stato seguendo poche regole, ma capaci di generare comportamenti complessi. Oggi diremmo che stava descrivendo la logica di un organismo vivente o di una rete neurale.
Le loro intuizioni, a lungo considerate esercizi teorici, sono tornate di attualità grazie ai progressi dell’informatica e della biologia sintetica.
DNA: il software della vita
Il DNA non è solo una metafora del codice: è davvero un linguaggio di istruzioni. Ogni sequenza di basi azotate (A, T, C, G) rappresenta un’informazione precisa, un comando che dice alla cellula cosa costruire e quando farlo.
Ma a differenza di un programma digitale, il “codice” della vita è flessibile, rumoroso e decentralizzato.
Nel nostro corpo, miliardi di cellule “calcolano” contemporaneamente, prendendo decisioni locali che però generano comportamenti globali coerenti. È un tipo di calcolo distribuito che supera in efficienza qualunque supercomputer: ogni cellula esegue lo stesso DNA, ma reagisce in modo unico all’ambiente.
A livello molecolare, i ribosomi – piccole fabbriche di proteine – agiscono come processori stocastici, cioè parzialmente casuali. Non seguono istruzioni rigide, ma si adattano a variazioni di temperatura, energia e segnali chimici. È come se la vita fosse un computer che “impara” in tempo reale, riscrivendo il proprio codice mentre lo esegue.
Il parallelo con l’intelligenza artificiale
Curiosamente, la nuova intelligenza artificiale ha finito per imitare la biologia. Gli algoritmi che addestrano le reti neurali utilizzano concetti come il parallelismo massivo e la casualità controllata, gli stessi principi che governano i sistemi viventi.
Un esempio è l’algoritmo di discesa del gradiente stocastico, che introduce piccole variazioni casuali per migliorare l’apprendimento: proprio come fa l’evoluzione naturale, che “sperimenta” mutazioni fino a trovare la soluzione più stabile.
Le reti neurali moderne, poi, si comportano come i tessuti biologici: migliaia di nodi semplici che cooperano per generare risposte complesse, senza un processore centrale. È la stessa logica di un organismo multicellulare.
Gli automi cellulari neurali: il ritorno di Turing e von Neumann
Nel 2020, il ricercatore Alex Mordvintsev ha dato vita agli automi cellulari neurali (NCA), un’evoluzione diretta delle teorie di Turing e von Neumann. Invece di seguire regole fisse, queste strutture digitali usano reti neurali per “crescere” immagini e modelli.
Un NCA può generare, ad esempio, un’emoji di lucertola capace di rigenerarsi da sola, ricreando coda, arti e testa dopo essere stati cancellati. È una simulazione affascinante di autorganizzazione e autoriparazione, qualità tipiche della vita.
Ciò che rende questi esperimenti così interessanti non è solo la spettacolarità visiva, ma il loro significato profondo: dimostrano che la complessità può emergere da semplici regole, e che il confine tra biologia e informatica è molto più sottile di quanto pensassimo.
Un nuovo paradigma: la vita come informazione
Se il calcolo può essere biologico e la vita può essere computazionale, allora il mondo vivente diventa il più grande laboratorio informatico mai esistito. Le cellule elaborano, correggono, archiviano e trasmettono dati con una precisione che l’uomo ha appena iniziato a comprendere.
Questo non significa ridurre la vita a un insieme di bit, ma riconoscere che l’informazione è il suo linguaggio universale. La differenza tra un organismo e una macchina sta forse nel grado di libertà: la vita non solo esegue istruzioni, ma le interpreta.
E, proprio come un sistema intelligente, evolve.

