Le tundre alpine del Colorado potrebbero non essere solo un meraviglioso scenario naturalistico. Sembra infatti che lo scioglimento del permafrost di queste zone, stia contribuendo all’aumento delle emissioni di CO2, poiché lo strato di permafrost rilascia più CO2 di quanto la tundra riesca ad assorbire.
Uno sguardo a cos’è il permafrost
Il permafrost (o permagelo) è presente primariamente nelle regioni artiche, ma anche in alta montagna. Può raggiungere la profondità di 15000 m nel nord della Siberia e di alcune centinaia di metri in Alaska e Canada. L’estensione della superficie coperta dal permafrost e il suo spessore variano in funzione delle condizioni climatiche. Per questo la sua formazione, la consistenza o l’eventuale scomparsa legata al riscaldamento del pianeta, sono studiate da una rete di osservazione mondiale coordinata dall’International Permafrost Association.
Al di sopra del permafrost permanente vi è uno strato attivo superficiale, con profondità che vanno da pochi centimetri ad alcuni metri. Lo strato superficiale è sensibile ai cambiamenti climatici stagionali, scongelandosi in parte durante il periodo estivo per poi ricongelarsi d’inverno, mentre quello profondo non si è più scongelato dal tempo dell’ultima glaciazione, circa 10 000 anni fa, costituendo quindi un prodotto della glaciazione conservatosi fino ad oggi.
La tundra alpina del Colorado
Alcuni ricercatori stanno indagando sulla possibilità che le tundre del Colorado stiano subendo lo stesso processo che si verifica in quelle artiche, individuato nel 2016 e nel 2017. Un fenomeno che le porta ad un abbondante rilascio di CO2.
I ricercatori si sono concentrati sull’emissione di biossido di carbonio nel periodo tra il 2008 ed il 2014. Eseguendo inoltre una datazione al C-14 per scoprire l’età del suolo e per quanto tempo ha immagazzinato l’anidride carbonica che ora potrebbe rilasciare.
Sulla base delle analisi, i ricercatori hanno scoperto che la tundra del Colorado, sta rilasciando più anidride carbonica di quella che assorbe. Il motivo per cui questo accade sono i microbi. Sappiamo che la stragrande maggioranza delle emissioni di gas serra, sono dovute all’attività umana, tuttavia alcuni organismi, compresi i batteri, rilasciano anidride carbonica attraverso la loro attività metabolica.
Un’intensa attività microbica
I ricercatori hanno di fatto rilevato nella tundra alpina del Colorado, un’attività microbica più intensa durante tutto l’anno. Rilevando un’emissione di CO2 maggiore di quella assorbita dalle piante con la fotosintesi. Inoltre hanno notato che una parte della CO2 emessa, era relativamente più antica durante il periodo invernale. Osservando quindi anche a latitudini più temperate, lo stesso fenomeno che si è verificato negli anni scorsi nelle regioni artiche.
Le piante assorbono anidride carbonica insieme alla luce solare e all’acqua quando effettuano la fotosintesi. Restituendola all’atmosfera quando il loro ciclo vitale volge al termine e si decompongono. Ma nell’Artico e nelle tundre di alta montagna, questi processi naturali sono notevolmente rallentati a causa del clima freddo.
Le estati brevi e gli inverni lunghi e freddi ostacolano la decomposizione della materia organica. I resti vegetali, che a causa del congelamento e dello scongelamento continui del suolo, possono rimanere intrappolati in uno strato di strato di ghiaccio permanente per diverse migliaia di anni. Questo è il motivo per cui la tundra è un pozzo di carbonio, dove l’anidride carbonica viene intrappolata dal ghiaccio che gli impedisce di ritornare all’atmosfera.
La minaccia sempre più forte del cambiamento climatico
Come risultato del cambiamento climatico, i terreni della tundra si stanno scongelando sempre più in profondità e per lunghi periodi di tempo negli strati superiori del permafrost. Questo fa sì che la materia organica si decomponga più velocemente, rilasciando maggiori quantità di anidride carbonica nell’atmosfera.
Questa maggiore emissione di anidride carbonica contribuisce all’aggravarsi del riscaldamento globale. E sappiamo bene che cosa può comportare per l’uomo l’aggravarsi del cambiamento globale. Già oggi assistiamo a tempeste estreme, ed una ricerca di questo anno ha evidenziato che potrebbe persino causare un maggior numero di malformazioni alla nascita.