In un mondo di soulslike e di software house straniere, abbiamo recensito molto volentieri un titolo leggermente diverso dal solito, sopratutto per la presenza di un team italiano alle spalle di un action oscuro che ha davvero tanto da dire. Scopriamo assieme Soulstice nella nostra recensione completa.
Trama
L’aspetto narrativo del titolo recensito accompagna molto bene l’utente, intrecciando una storia non troppo complessa o profonda, ma comunque godibile.
L’intera avventura è ambientata a Keidas, un regno ritenuto sacro, e caratterizzato da una peculiarità davvero unica: un velo sottilissimo lo separa dal mondo spirituale, costellato da demoni e creature malevole, pronte ad impossessarsi degli umani, con conseguente dolore e distruzione. A protezione del regno troviamo le Chimere, ovvero personaggi “creati” mediante la fusione di due spiriti, o meglio dell’inclusione di un’anima nel corpo di un’altra persone; il loro obiettivo è uno solo, impedire le brecce, proteggendo gli uomini dalle creature che si trovano dall’altra parte.
Noi impersoniamo Briar e Lute, una Chimera leggermente diversa dalle altre, inviata a Ilden per limitare le perdite causate da una gigantesca breccia del suddetto Velo. Il costrutto narrativo è discreto, senza comunque essere in grado di appassionare, data l’assenza di una crescita nell’affiatamento dei due personaggi (in uno), e proprio dialoghi che alla lunga si assomigliano. Nonostante tutto, è un’esperienza perfettamente godibile.
Grafica
L’ambientazione è unica, una città tetra ed oscura, costellata di nemici molto simili gli uni con gli altri. Lo sviluppo verticale cerca di portare qualche piccola differenza nei vari quartieri di Ilden, senza però riuscire a differenziare in modo soddisfacente.
Nella nostra prova su Xbox Series X siamo rimasti piacevolmente colpiti dalla fluidità nella riproduzione, non abbiamo mai notato cali nel frame rate o rallentamenti che possano inficiare l’esperienza. La conta poligonale è più che discreta, e le texture sono sufficientemente precise, considerato che non parliamo di una tripla A, riuscendo nell’insieme a trasmettere giustamente un senso cupo e tetro (allineato con l’ambientazione). Proprio tale idea ha portato ad una palette di colori molto limitata, che alla lunga può stancare l’occhio; ottima la nitidezza, Soulstice è un titolo che si difende molto bene da un punto di vista puramente grafico.
La colonna sonora è adatta all’esperienza, il gioco presenta audio localizzato in lingua inglese, mentre i testi sono tutti in italiano (perchè non doppiarlo anche?).
Stile di gioco
Soulstice è a tutti gli effetti un action game, con derivazioni importanti verso Devil May Cry o Bayonetta, senza però riuscire a raggiungere la medesima profondità. Il sistema di combattimento si articola sulla gestione combinata dei due personaggi: Briar, per il combattimento corpo a corpo, Lute per la protezione, mosse in combinata, o creazioni di campi per l’esplorazione. Un duo che alla lunga convince ed appassiona, data la presenza di tantissime abilità da sbloccare (sopratutto di Lute), atte ad ampliare e differenziare l’esperienza.
I nemici sono di discreta varietà, graficamente troppo simili tra loro (e definiti in maniera non eccellente), presentano a loro volta peculiarità che richiedono l’utilizzo combinato di Lute e Briar. Ad esempio, gli spettri possono essere colpiti solamente attivando il campo dell’esilio di Lute, prestando attenzione all’entropia, ed altro ancora. Le armi si differenziano tra la principale, la spada (non modificabile), e 6 secondarie che verranno scoperte nel corso dell’avventura, le quali ampliano l’approccio allo scontro, in quanto più indicate ad esempio per rompere la corazza dei nemici, o colpirli da lontano.
La meccanica di gioco propone il giusto mix tra esplorazione e combattimento, alternandoli con sessioni platform davvero ridotte, ma comunque pronte per interrompere il ritmo, che altrimenti resta altissimo, lasciando praticamente senza fiato e sosta (giustamente), il giocatore. La maggior parte dei capitoli si conclude con le bossfight, mai eccessivamente complesse, comunque ben articolate, i cui nemici diventano in un secondo momento “comuni”, ovvero verranno incontrati più spesso nell’avventura.
Gameplay
La natura action la troviamo nelle numerose combo raggiungibili, con salti, possibilità di lanciare i nemici in aria, e sempre più danni. Il sistema in sé non raggiunge i livelli di Devil May Cry, ma riesce comunque a difendersi e proporre un ottimo divertimento, con la giusta complessità. Ciò che non convince appieno è la gestione della camera, difficile da controllare, sopratutto negli ambienti piccoli.
Il livello di difficoltà è medio, allineato con i prodotti dello stesso tipo, al termine di ogni combattimento viene mostrato un punteggio, con tanto di “premi finali”, il quale spinge l’utente al backtracking, anche a livelli differenti, proprio per cercare di superarlo e migliorare continuamente. La longevità è adeguata all’esperienza, si raggiunge la fine in circa 15 ore, tralasciando le arene e le missioni speciali, o l’esplorazione approfondita.
Nel gameplay si apprezza moltissimo il dualismo tra Briar e Lute, data la presenza di alcuni fattori importanti: Campi, la piccola anima può creare dei campi per distruggere i cristalli rossi e blu (oltre che sconfiggere i nemici), acquisendo la “moneta” necessaria per i potenziamenti, ma prestando attenzione alla crescita dell’entropia, Coesione, inanellando una serie di combo perfette, come ad esempio la parata effettuata da Lute mediante la pressione del tasto B (su Xbox), si può raggiungere il Furore, uno stato che permette la fruizione di una mossa in grado di distruggere praticamente tutti i nemici, abilità di Lute, l’albero di personalizzazione è ampissimo e permette appunto di migliorare l’approccio al combattimento, sulla base della propria esperienza di gioco, sperimentando il più possibile (Briar è invece più limitata).
Soulstice: conclusioni
In conclusione Soulstice è un action ben riuscito, che punta fortissimo sulla combinazione di due personaggi per differenziare ed approfondire l’esperienza dell’utente, senza però tralasciare i canoni caratteristici del segmento videoludico in cui è inserito. Buone le componenti grafiche e narrative, con il pregio di non mostrare cali nel frame rate.
Gli aspetti negativi sono intuibili dalla nostra recensione, trattano la ripetitività nelle ambientazioni e nei personaggi (in parte anche nei dialoghi), ed una gestione della telecamera che non convince al 100%.