Recensione Alien: Rogue Incursion – un viaggio nello spazio che dimentica la paura

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Quando ho avviato Alien: Rogue Incursion per la prima volta su PC, ammetto di avere provato una certa curiosità. Il nome “Alien” porta con sé un’eredità pesante: un universo narrativo costruito sul terrore, sulla solitudine e su quella costante sensazione di vulnerabilità che pochi franchise riescono ancora a evocare. Dopo anni di silenzio e promesse non mantenute, mi aspettavo un’esperienza capace di riportare la saga alle sue radici, mescolando horror psicologico e tensione tecnologica.

Purtroppo, fin dalle prime ore, è chiaro che questo non è il caso. Rogue Incursion tenta di inserirsi nel filone dei survival fantascientifici, ma ne manca completamente lo spirito. È un gioco che sembra voler imitare il passato senza comprenderlo davvero, costruito su meccaniche lineari, progressione assente e una narrazione che fatica a trovare un vero scopo.

Il risultato è un titolo che, pur essendo tecnicamente discreto e visivamente coerente con l’estetica della saga, lascia addosso una sensazione di vuoto e ripetizione. Non spaventa, non sorprende, e soprattutto non evolve mai. In breve, un ritorno nello spazio profondo che dimentica ciò che rendeva unico Alien: la paura dell’ignoto.

Trama

Alien: Rogue Incursion si presenta come l’ennesimo tentativo di riportare in vita la tensione e il terrore claustrofobico dell’universo di Alien, ma fin dalle prime ore di gioco diventa evidente che qualcosa non funziona davvero. Ambientato in una stazione di ricerca sperduta ai margini dello spazio conosciuto, il titolo prova a intrecciare una storia di sopravvivenza e paranoia, ma finisce per scivolare in un racconto piatto e privo di direzione, incapace di catturare la profondità narrativa che ha reso iconico il franchise.

Il protagonista – un tecnico della Weyland-Yutani inviato per indagare su un’anomalia energetica – viene subito catapultato in un contesto dove tutto grida “pericolo imminente”. Tuttavia, la scrittura fatica a creare un vero legame con il giocatore. I dialoghi sono banali e prevedibili, le motivazioni dei personaggi restano superficiali e la costruzione del mistero non trova mai un reale sviluppo.

L’intera esperienza narrativa si affida più all’ambientazione che alla trama, ma anche lì, il fascino dell’ignoto si perde in una serie di missioni ripetitive e forzatamente guidate, che lasciano poco spazio all’esplorazione o alle scelte personali. Il risultato è una storia che, pur provando a evocare tensione e orrore, finisce per mancare di ritmo e coinvolgimento emotivo.

Gameplay

Il cuore pulsante di Alien: Rogue Incursion avrebbe dovuto essere il suo gameplay, ma è proprio qui che il gioco mostra tutte le sue debolezze. Nonostante un sistema di controllo solido e un’interfaccia pulita, il gameplay si sviluppa lungo binari troppo rigidi, impedendo al giocatore di sentirsi veramente parte dell’azione. Ogni sezione è costruita per guidare passo dopo passo, con pochissimo spazio per la libertà o la sperimentazione.

Le missioni si riducono quasi sempre a spostarsi da un punto all’altro della struttura, risolvendo piccoli puzzle ambientali o recuperando oggetti chiave per aprire nuove aree. Un loop che, dopo poche ore, si trasforma in una ripetizione esasperante. La tensione che dovrebbe crescere con il passare del tempo svanisce, sostituita da un senso di noia e frustrazione.

Il problema principale è che Alien: Rogue Incursion non offre una vera progressione del personaggio. Non ci sono abilità da migliorare, né sistemi di potenziamento significativi. Tutto resta statico, bloccato nella stessa routine di sopravvivenza e fuga. Anche le interazioni con gli Xenomorfi, teoricamente il punto di forza del gioco, si rivelano deludenti: i nemici appaiono prevedibili, spesso scriptati, e raramente rappresentano una minaccia reale.

Il risultato è un gameplay lineare e meccanico, incapace di sorprendere o di costruire quel senso di vulnerabilità che caratterizzava i migliori capitoli del franchise.

Grafica e ambientazione

Sul piano tecnico, Alien: Rogue Incursion dimostra un impegno visivo rispettabile. L’illuminazione dinamica, i riflessi metallici delle superfici e le ombre proiettate dalle luci intermittenti della stazione spaziale contribuiscono a creare un’atmosfera inizialmente suggestiva. Tuttavia, il problema è che l’occhio si abitua troppo presto: le stesse stanze, gli stessi corridoi e le stesse texture vengono riutilizzati fino allo sfinimento, facendo perdere rapidamente ogni senso di scoperta.

La mancanza di varietà visiva diventa uno dei difetti più pesanti del titolo. Dopo alcune ore, il giocatore si trova a ripercorrere sempre le stesse aree, spesso senza una reale motivazione narrativa. Il design degli ambienti, seppur coerente con l’estetica industriale del brand, finisce per sembrare freddo e sterile, incapace di evolversi o di offrire scorci memorabili.

Anche gli effetti particellari e le animazioni degli Xenomorfi, pur ben realizzati, non bastano a sostenere l’immersione. La resa grafica complessiva è onesta ma non innovativa, e lascia la sensazione di un titolo ancorato a standard di qualche anno fa.

Design e direzione artistica

Dal punto di vista del design artistico, Alien: Rogue Incursion si muove in bilico tra rispetto della tradizione e mancanza di coraggio. Gli ambienti metallici, i terminali analogici, le luci fredde e l’onnipresente fumo artificiale richiamano chiaramente l’estetica dei film originali, ma lo fanno senza introdurre nulla di davvero nuovo.

L’intento era probabilmente quello di evocare la claustrofobia e la decadenza tecnologica dell’universo di Ridley Scott, ma il risultato appare più come un esercizio di stile che una visione originale. Ogni corridoio, ogni laboratorio, ogni sala di controllo sembra costruito per replicare ciò che già conosciamo, invece di espandere l’immaginario della saga.

Persino la colonna sonora, che alterna droni elettronici e rumori ambientali, finisce per fondersi nel sottofondo, senza mai trovare un tema memorabile. Il tutto contribuisce a una direzione artistica coerente ma priva di anima, che non riesce a imprimere una vera identità al gioco.

Meccaniche di gioco e progressione

Uno dei difetti più gravi di Alien: Rogue Incursion risiede nella sua struttura ludica. Il sistema di progressione è praticamente inesistente: il giocatore non accumula esperienza, non sblocca nuove abilità e non modifica il proprio equipaggiamento in modo significativo. Tutto è preimpostato e lineare.

Ogni missione segue un percorso obbligato, e anche quando sembra offrire una scelta, si rivela un’illusione. Il gioco ti spinge costantemente nella direzione voluta dagli sviluppatori, senza lasciare margine di interpretazione o di adattamento.

Questo approccio penalizza duramente la longevità e la rigiocabilità. Non c’è incentivo a esplorare, a tornare indietro o a sperimentare strategie diverse. Anche i nemici si comportano sempre nello stesso modo, eliminando ogni senso di evoluzione o minaccia crescente.

Il giocatore finisce per sentirsi spettatore più che protagonista, costretto a ripetere gesti e percorsi identici in un ciclo frustrante. E quando un gioco ambientato in un universo così ricco diventa una routine prevedibile, qualcosa si è perso per strada.

Esperienza d’uso e ritmo di gioco

Giocare a Alien: Rogue Incursion su PC mette in luce sia i pregi che i difetti della versione desktop. Il frame rate è stabile e i controlli con mouse e tastiera rispondono in modo fluido, ma nulla riesce a mascherare la pochezza del ritmo di gioco.

Ogni sezione sembra dilatata artificialmente. I tempi di percorrenza tra un’area e l’altra sono eccessivi, e la costante necessità di tornare sui propri passi – per riattivare generatori, aprire porte o recuperare oggetti – diventa presto snervante e ripetitiva.

L’assenza di un sistema di viaggio rapido, unita alla struttura labirintica della stazione, trasforma il backtracking in una tortura. E quando l’unica cosa che ti spinge avanti è la speranza di qualcosa di nuovo… e quel qualcosa non arriva mai, la frustrazione diventa inevitabile.

Persino le sequenze d’azione, che dovrebbero spezzare la monotonia, risultano piatte e prevedibili. Gli Xenomorfi, pur ben animati, non ispirano più la paura primordiale del passato, ma si comportano come nemici standard di un qualsiasi survival.

Conclusioni

Alien: Rogue Incursion è un gioco che manca di coraggio, direzione e profondità. Sulla carta aveva tutti gli elementi per essere un nuovo punto di riferimento nel genere horror fantascientifico: una licenza storica, un’ambientazione iconica e la possibilità di fondere tensione narrativa e libertà d’azione. Ma nella pratica, si rivela un’esperienza monotona, guidata e priva di progressione, incapace di catturare la sensazione di terrore e scoperta che dovrebbe essere il cuore di Alien.

Le buone intenzioni ci sono: un comparto tecnico onesto, un’atmosfera inizialmente efficace e qualche idea interessante legata al sound design. Ma non bastano. Il gioco si arena presto in una ripetizione di schemi, percorsi e obiettivi identici, privando il giocatore di qualsiasi senso di crescita o ricompensa.

Se Alien: Isolation aveva saputo fondere paura e libertà, Rogue Incursion sceglie la via opposta: controllo totale e libertà zero. Un errore che pesa sull’intera esperienza, trasformando ciò che poteva essere un degno erede in un semplice esercizio tecnico senza anima. Alien: Rogue Incursion è un titolo che delude, non tanto per mancanza di qualità oggettiva, ma per assenza di visione. In un universo narrativo così ricco, la linearità diventa il peggior nemico possibile. E quando l’unica sensazione che resta, alla fine della partita, è quella di aver camminato in tondo… allora il vero orrore non è lo Xenomorfo, ma la noia.

 

Denis Dosi
Denis Dosi
Appassionato di tecnologia e di scrittura sin dalla tenera età, mi laureo in Ingegneria Informatica presso il Politecnico di Milano nel 2016. Ora lavoro con Focustech riuscendo a combinare le mie due più grandi passioni.

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