Conoscevate l’ammontare dei proventi delle pubblicità sul web persi a causa di AdBlock e da tool analoghi? Secondo un recente studio, condotto da PageFair e Adobe, i meccanismi di blocco degli annunci pubblicitari causerebbero una diminuzione dei profitti di circa 21,8 miliardi di dollari ogni anno a siti web e testate giornalistiche online. Il report rivela che nel 2014 le perdite di introiti sono state pari a 5,8 miliardi di dollari negli Stati Uniti, e che queste stime sono destinate ad aumentare nel 2015 a 10,7 miliardi e nel 2016 a 20,3 miliardi. Inoltre, le due società sostengono che a fine 2016 si toccheranno perdite di profitti per un totale di 41,4 miliardi di dollari.
PageFair ha illustrato dettagliatamente la situazione globale e le relative ripercussioni sul settore pubblicitario ed editoriale su Internet. In prima fila tra le persone che sfruttano i pugni di blocco della pubblicità, troviamo gli utenti di Google Chrome con 126 milioni, seguiti da Firefox e Safari. Per quanto riguarda il Mobile, iPhone e iPad sono al primo posto nelle classifica delle installazioni.
Secondo le stime, il numero di utenti che hanno iniziato a schermare la pubblicità è cresciuto del 41%, e ad oggi sarebbero circa 198 milioni in tutto il mondo. Quasi 5 milioni solo in Italia e 77 milioni in tutta Europa. Negli Stati Uniti la percentuale di persone che utilizzano gli AdBlock avrebbe quasi raggiunto la metà della popolazione. La causa principale che spinge gli utenti a bloccare la pubblicità sarebbe per il 6% attribuita a violazioni di privacy. Il restante 94% trova semplicemente fastidioso visualizzare la pubblicità.
Conseguenze
Si tratta di un danno enorme che potrebbe portare da una parte i siti gratuiti a diventare a pagamento e dall’altra causare la chiusura di siti e giornali. Tutta la rete sta tentando diverse vie per scavalcare questo problema, ad esempio, YouTube sta creando una serie di canali a pagamento mentre sempre più giornali richiedono un’abbonamento per leggere i contenuti offerti.
Il modello pubblicitario attuale è già di per se poco ottimale, visto che molti siti sono costretti a puntare sul numero e la quantità a sfavore della qualità, in quanto la remunerazione dipende principalmente dal numero di lettori. Inoltre, riviste e giornali risentono già di una forte riduzione dei ricavi pubblicitari, perché una parte dei guadagni finisce nelle tasche di Google e Facebook.
Il rischio principale è che questo infinito rapporto causa effetto possa portare a danneggiare un modello di business ventennale, con un conseguente aumento dei siti a pagamento e una diminuzione di utenti in rete. Il tutto porterebbe a grosse difficoltà lavorative, spingendo siti prima gratuiti a dover chiudere e altri a vegetare aspettando l’oblio.