La pandemia da Covid-19 ha portato con sé, oltre la malattia devastante, anche moltissime preoccupazioni tanto da lasciare moltissime persone con la perdita del sonno. I cambiamenti nei nostri schemi di sonno sono stati così profondi nei nove mesi dal primo blocco che gli esperti hanno ora coniato un termine per esso: coronasomnia.
Secondo i risultati della British Sleep Society pubblicati sul Journal of Thoracic Disease, uno sbalorditivo 70% dei britannici di età compresa tra i 40 e i 63 anni ha riferito di cambiamenti nei propri schemi di sonno dal primo lockdown. Il catalogo dei problemi di sonno riportati includeva disturbi del sonno, addormentarsi involontariamente, difficoltà ad addormentarsi o rimanere addormentati e andare a dormire più tardi.
L’insonnia era già un problema urgente prima che colpisse il Covid-19, colpendo il 10-15% delle persone a livello globale. Tuttavia la pandemia ha portato con sé un aumento impressionante di nuovi casi: il numero di britannici che soffrono di perdita di sonno causata da preoccupazioni è passato da uno su sei a uno su quattro.
La preoccupazione influisce sul sonno, quindi un sonno scarso influisce sulla capacità di funzionare, portando ad essere ansiosi di non dormire e questo tiene svegli. Questa può essere la ragione per cui qualcuno che normalmente ha il sonno buono ha un paio di notti brutte, dopodiché il problema inizia a perpetuarsi.
La coronasonnia è più rilevante che mai perché il sonno povero ha un effetto diretto sull’immunità. “Durante il sonno, il nostro sistema immunitario rilascia proteine chiamate citochine“, afferma la dottoressa Ivana Rosenzweig, medico del sonno. La privazione del sonno può diminuire la produzione di queste citochine protettive, così come gli anticorpi e altre cellule che combattono le infezioni.
Poiché alcune di queste citochine promuovono anche il sonno, questo è ancora un altro circolo vizioso in cui il sonno disturbato può portare a un’immunità disturbata e viceversa. Questo ciclo di panico del sonno sta alimentando l’aumento dell’insonnia. Gli studi hanno dimostrato che un sonno povero può aumentare le possibilità di ammalarsi dopo essere stati esposti a un virus, come il comune raffreddore, e presumibilmente anche al Covid-19, afferma il dottor Rosenzweig.
Uno dei motivi meno noti alla base della coronasomnia sia che lavorare a casa ed essere limitati su dove possiamo andare significa che passiamo troppo tempo a letto. Le persone hanno bisogno di una quantità individuale di sonno di qualità e questo è diverso per tutti. Dormire di più potrebbe non significare dormire di qualità, perché se hai bisogno di sette ore ma sei a letto per nove, le ore in più stanno rendendo il sonno più frammentato. Questa è una diminuzione dell’efficienza del sonno e il motivo per cui più non è sempre meglio quando si tratta di dormire.
Il sonno non ristoratore, chiamato anche ipersonnia, sta emergendo come una caratteristica chiave dei modelli di sonno delle persone in risposta alla pandemia, afferma il dottor Rosenzweig. Anche l’ipersonnia è stata a lungo associata alla depressione. Questo è l’altro problema con il non dormire a sufficienza: la ricerca BSS ha trovato un collegamento con i cambiamenti dei nostri schemi di sonno e l’aumento dei problemi di salute mentale.
Foto di Sammy-Williams da Pixabay
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