Non solo “insonnia pandemica”: tra sonno e Covid-19 c’è un legame complesso. Difficoltà ad addormentarsi, risvegli ripetuti e ansia. In questi mesi le notti di una buona fetta della popolazione si sono fatte tormentate. Alcuni recenti studi, sono giunti ad affermare che un buon sonno e la melatonina potrebbero favorire la risposta del sistema immunitario alla minaccia causata dal virus.
Durante il lockdown, nel rapporto degli individui col sonno sono stati riscontrati due fenomeni principali, di segno opposto. Il primo riguarda l’aumento di disturbi del sonno legati all’alterazione del ritmo biologico e delle attività giornaliere che talvolta si sono consolidati nel corso dei mesi. Si tratta di un aspetto a cui va collegato l’aumento del consumo di ipnotici registrato durante la pandemia.
Covid-19, il legame tra virus e sonno
Il secondo fenomeno riguarda coloro i cui ritmi circardiani hanno beneficiato del confinamento. In condizioni normali molte persone possono vivere una coatta e drastica decurtazione delle ore di sonno: complice il lockdown, alcuni hanno potuto dormire di più e sperimentare l’addormentamento in momenti crono-biologicamente a loro più congeniali.
Un recente approfondimento afferma che il buon funzionamento del ritmo sonno-veglia aiuta a impedire che le nostre risposte immunitarie vadano in tilt. Su questo aspetto, si afferma che intervenire sulla regolarizzazione del sonno è certamente desiderabile per quanto concerne l’esposizione all’infezione.
Disturbi del ritmo circadiano, infatti, si associano a vari aspetti di depressione immunitaria. Non abbiamo ancora studi che riguardano il Covid-19, ma molti lavori hanno indagato la correlazione tra scarsa e cattiva qualità del sonno e maggiore possibilità di contrarre l’influenza.
A prendere un ruolo essenziale nella ricerca è la melatonina, ormone prodotto naturalmente dal nostro organismo per regolare il ciclo del sonno. Lo studio afferma l’ormone sarebbe associato a una probabilità ridotta di quasi il 30% di positività al test diagnostico Covid-19. Trattandosi di risultati prodotti sulla base di simulazioni, occorre specificare che per ora non vi è alcuna evidenzia del nesso causa-effetto del beneficio e del fatto che gli integratori a base di melatonina abbiano azione protettiva rispetto al virus.
La melatonina potrebbe essere un farmaco efficace nella lotta contro il virus
I ricercatori sono partiti dall’assunto per cui l’infezione da Sars-Cov-2 ha elementi in comune con altre patologie. Così è stato indagato se e quali sostanze già esistenti e usate per altre malattie patologie potessero dimostrare efficacia nella risposta al Covid-19. Hanno utilizzato un algoritmo basato sull’intelligenza artificiale per studiare più di 3mila molecole e farmaci approvati dalla Food and Drug Administration.
Non si è trattato di un test effettuato direttamente su pazienti, ma realizzato grazie a simulazioni computazionali e analisi statistica di un registro comprendente i dati di circa 5mila soggetti. Dopo aver escluso fattori confondenti gli scienziati hanno riscontrato la potenziale utilità di 34 molecole nell’ambito dell’infezione da Sars-Cov-2. In particolare, l’assunzione di melatonina è risultata associabile a una riduzione media del 28% del rischio di risultare positivo al virus.
Si tratta di un risultato che andrà confermato con ulteriori studi anche in virtù del fatto che, come affermato in precedenza, i dati sono per ora di natura meramente statistica. L’ormone potrebbe giovare in particolare ai soggetti anziani, visto che la sua produzione naturale si riduce con l’avanzare dell’età. La melatonina parrebbe utile nel contrastare alcuni processi infiammatori, inclusi quelli a livello polmonare.
Se la melatonina si dimostrerà effettivamente utile, potrebbe essere la medicina più economica e più accessibile per contrastare il Covid-19. La raccomandazione generale, infatti, è che sia preferibile far funzionare regolarmente i cicli di melatonina del proprio organismo piuttosto che ricorrere a sostanze o preparati commerciali.
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