Silicon Valley, la terra promessa per certe tipologie di business, uno dei luoghi più ricchi nel nostro pianeta, dove risiedono le sedi dei giganti tecnologici. Spesso si sente parlare di strane mode che nascono in quel luogo e di recente sembra esserne nata un’altra. Si tratta del digiuno della dopamina, un pratica soprannominata cosi dallo psicologo Cameron Sepah. L’idea di base è semplice, ridurre la produzione della sostanza chimica prodotta dal cervello, appunto, la dopamina.
Come si riduce la produzione? Evitando azioni che la fanno produrre come il cibo, il sesso, l’alcol o tutto quello che a livello soggetti crea una stato di piacere e di felicità. Lo scopo? Ripristinare il cervello per renderlo più recettivo a futuri input. Funziona? Non esattamente chiaro e in realtà non è neanche così semplice raggiungere questo stato di digiuno in quanto basta poco per scatenare la produzione del neurotrasmettitore.
Come appena detto, la dopamina è un neurotrasmettitore ovvero un messaggero chimico del cervello. La sua presenza è fondamentale e un basso rilascio può causare la comparsa di alcuni disturbi come il morbo di Parkinson o in generale rigidità muscolare. Su di esso si basa sostanzialmente il sistema di ricompensa del cervello e di conseguenza è legato anche al concetto di anedonia, ovvero la mancanza di interesse.
È possibile ridurre la produzione di dopamina da parte del nostro cervello? Si, ma per farlo bisogna ridurre l’esposizione ai fattori scatenanti che cambiano a seconda di individuo a individuo. Il punto di vista delle neuroscienze al momento si può riassumere con poche parole: non ha senso.
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