Un gruppo di ricercatori proveniente dalla University of Technology di Delft, nei Paesi Bassi, si è reso partecipe di un esperimento condotto in collaborazione con Graphenea – una società spagnola attiva nella produzione di grafene – ed il cui scopo è stato quello di porre in essere le teorie sulla creazione di Pixel Meccanici, ovvero sia piccole bolle di grafene che cambiano colore in luogo di un’espansione e di una contrazione.
L’aspetto curioso di questa nuova fase di sperimentazione è derivata dal fatto che la scoperta, come in molte altre occasioni, è avvenuta per via casuale. Di fatto, durante alcune sperimentazioni interne tramite pannelli di ossido di silicio traforati da feritoie dalle dimensioni di un capello umano e ricoperte da grafene si è scoperto della possibilità di realizzare nuovi pixel.
Attraverso questa curiosa scoperta applicativa, i ricercatori sono stati in grado di scoprire che le membrane di grafene cambiavano colore in relazione alle pressioni interne alle cavità. Ogni cambiamento di pressione, lungo lo spazio concavo o convesso, provoca un cambiamento nel moto dei fotoni e, quindi, il modo in cui la luce viene rifratta e riflessa, dando così vita a diversi profili di colore che abbracciano lo spettro ed investono la superficie di contatto, inizialmente trasparente.
L’utilizzo del doppio strato di grafene per i pixel ha consentito, quindi, la creazione del fenomeno di riflessione . A seconda della diversa profondità, inoltre, si sono ravvisate diverse interferenze e, in diretta conseguenza, i differenti profili luminosi dettati dai colori.
In luogo di un futuro adeguamento sul piano commerciale, per ora soltanto utopisticamente teorizzato, si dovranno effettuare accurati test al vaglio delle tecnologie di microscopia. Di fatto, vista l’esiguità dimensionale specifica delle componenti in gioco, si rende necessario l’utilizzo di complessi sistemi ad ottica microscopica per le analisi, prima di portare la questione a livello macroscopico e, quindi, sul piano della commercializzazione effettiva.
Per creare una singola immagine, è stato visto, sono richiesti migliaia e migliaia di pixel. Vien anche considerando il fatto di non poter variare la dimensione dei cristalli di grafene, cosa che provocherebbe l’immediata rottura dei pixel meccanici ad una variazione minima della pressione.
Il team, tra l’altro, si è anche posto il problema della purezza del colore, benché il prossimo passo sopraggiunga in merito alla realizzazione di un accurato controllo sui livelli di pressione delle singole cavità così realizzate che, secondo gli interessati, si renderà possibile soltanto in applicazione a sistemi di tipo elettrostatico.
Modelli di prototipi operativi sono attualmente al vaglio dei ricercatori e dei partner e, peraltro, questi tengono conto dell’impossibilità di provvedere all’implementazione di un sistema di retroilluminazione e, pertanto, la metodica di funzionamento ricalcherà quella di un dispositivo direttamente esposto alla luce incidente.
Ad ogni modo, l’utilizzo del sistema a grafene conferirà leggerezza, resistenza e grandi doti di flessibilità, oltre che a consentire un notevole risparmio energetico. Riusciremo ad utilizzare questa tecnologia per i nostri futuri smartphone? Questo è ancora da stabilire, sebbene i ricercatori si siano detti disposti a mettere in gioco i primi prototipi nel corso dell’annuale esposizione internazionale di Barcellona il prossimo 25 Febbraio 2017.
In attesa di un Mobile World Congress che fornisca un ragguaglio pratico sull’utilizzo dei pixel meccanici, ti invitiamo ad esporre la tua opinione personale e professionale al riguardo.
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