Un recente esperimento condotto in Cina ha riacceso una discussione tra le più controverse della fisica quantistica: il paradosso di Hardy, che mette in dubbio il concetto stesso di realtà come la conosciamo. Formulato dal fisico Lucien Hardy nel 1992, questo paradosso implica che le particelle subatomiche possano comportarsi in modi che sfidano le leggi della fisica classica e la nostra comprensione intuitiva dell’esistenza.
Il paradosso
Il paradosso si basa su un concetto semplice, ma rivoluzionario: secondo Hardy, è possibile che particelle e antiparticelle possano coesistere senza annichilarsi a vicenda, nonostante la fisica classica preveda la loro mutua distruzione quando si incontrano. Questa possibilità suggerisce che le particelle non abbiano stati definiti fino a quando non vengono osservate, rompendo l’idea del “realismo locale” che presuppone che le proprietà degli oggetti siano definite e influenzate solo da forze vicine.
Per testare il paradosso, i ricercatori cinesi hanno impiegato una configurazione avanzata con specchi, laser e separatori di cristalli, eliminando qualunque variabile nascosta che potesse alterare i risultati. Hanno poi usato un generatore di numeri casuali per ottenere misurazioni statisticamente pure. Dopo sei ore di esperimenti, i risultati hanno mostrato un livello di accuratezza altissimo, ma sempre probabilistico, confermando che il paradosso di Hardy si manifesta e sfida il realismo locale.
Questa scoperta non è priva di implicazioni: suggerisce infatti che la realtà potrebbe non essere una dimensione assoluta. La meccanica quantistica, con i suoi comportamenti “bizzarri”, non sembra adattarsi alla visione classica della realtà come qualcosa di oggettivo e definito. Esempi di fenomeni come l’entanglement quantistico, che permette alle particelle di rimanere connesse su distanze impressionanti, confermano l’incoerenza con le teorie classiche. Non è un caso che il Premio Nobel per la fisica del 2022 sia stato assegnato proprio a chi ha indagato sull’entanglement e sul superamento dei limiti della fisica classica.
Queste scoperte ci conducono verso una conclusione inaspettata e profonda: se le particelle non hanno proprietà definitive finché non le osserviamo, allora anche la nostra percezione del mondo come “reale” potrebbe essere un’illusione. L’essenza dell’esistenza come la conosciamo – inclusi noi stessi – potrebbe dipendere da atti di osservazione quantistica, lasciando aperta la possibilità che nulla sia veramente “reale” nel senso tradizionale del termine.
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