La nube radioattiva di Rutenio-106, un isotopo radioattivo di origine artificiale, ha raggiunto anche l’Italia, ad annunciarlo è una divisione del CNR, l’istituto per la Dinamica dei Processi Ambientali (IPDA), ora Istituto di Sicenze Popolari (ISP).
I rilevamenti del CNR sul Nord Italia
Grazie all’analisi dei laboratori di radioattività dell’Università Bicocca di Milano, sono infatti stati rilevati alti livelli di Rutenio-106 nei filtri campionatori dell’aria nella città di Milano. Il Rutenio è stato individuato per la prima volta a Settembre del 2017. Da allora si è provveduto a monitorare e studiare la situazione, ottenendo i dati pubblicati sulla rivista Atmospheric Environment.
Gli studi europei sulla nube radioattiva
Gli stessi dati sono stati raccolti, tramite l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA), in tutti gli stati membri dell’Unione Europea, creando un set di dati sulle misurazioni del Rutenio-106. Tramite queste analisi la presenza dell’isotopo radioattivo è stata confermata in gran parte dell’Europa, dalla Svezia alla Francia e dall’Ucraina all’Italia. Come ha spiegato il ricercatore del CNR, Niccolò Maffezzoli, “il dataset è stato rilasciato dall’Istituto Francese di Radioprotezione e Sicurezza Nucleare (IRSN), prima struttura a indagarne la possibile origine. I risultati della ricerca sono stati poi confermati dall’Istituto Meteorologico Danese (DMI)”.
Nello studio danese ed in quello francese sono stati utilizzati dei modelli computerizzati generalmente usati per la meteorologia mentre, secondo quanto affermato da Maffezzoli, per lo studio del CNR sono stati utilizzati modelli di ricostruzione atmosferica assieme ad informazioni meteo open source ed applicandovi un modello statistico. Grazie a questo tipo di ricerca ed utilizzando i dati della IAEA, i ricercatori italiani sono riusciti a ricostruire l’origine della nube radioattiva che si è sparsa sull’Europa.
Lo studio italiano conferma quelli europei e fornisce nuovi modelli di studio
Il risultato del CNR ha confermato quindi quelli già ottenuti nello studio danese ed in quello francese. Per la terza volta dunque la sorgente è apparsa essere una zona tra l’Ucraina e le regioni del Volga e degli Urali. Da qui si è dunque originata la nube radioattiva di Rutenio, i cui livelli però non sono mai stati al di sopra dei livelli standard di sicurezza. Non si è riscontrato dunque nessun rischio per la salute.
Grazie allo studio del CNR, i cui dati sono confermati dai risultati identici ottenuti negli altri due studi europei, si è quindi ottenuto un metodo diverso per questo tipo di studi. Il nuovo metodo sviluppato dal CNR è, secondo Maffezzoli, “molto leggero dal punto di vista computazionale e totalmente open source, disponibile per istituzioni governative o accademiche che vogliano fruire di un potenziale strumento di allerta nel caso di eventi di rilascio di sostanze sia radioattive sia non”.
Inoltre se i dati dei rilevamenti di radioattività venissero messi online, ilo modello del CNR potrebbe addirittura essere usato in tempo reale, ad esempio nel caso si verifichino disastri nucleari o ambientali di varia natura.