Le microplastiche, ossia particelle di plastica dalle dimensioni inferiori ai 5 millimetri, costituiscono la parte più considerevole degli scarti di produzione della plastica che finisce nelle acque del nostro pianeta. In uno studio, alcuni ricercatori hanno dimostrato l’entità del fenomeno e soprattutto il percorso che le microplastiche compiono attraverso la catena alimentare, a partire dagli animali più piccoli ai più grandi cetacei; hanno anche scoperto che l’ingestione di microplastiche interferisce in maniera sostanziale con la normale crescita degli embrioni dei pesci.
I ricercatori hanno poi esaminato gli effetti di un inquinante comune, il pesticida DDT, che è stato più volte trovato in percentuali più o meno basse “attaccato” ai micro-frammenti di plastica. “I nostri risultati indicano che la rete alimentare costituisce una delle vie più rilevanti per quanto riguarda l’esposizione delle specie animali marine alle microplastiche; la situazione è ancora più preoccupante se pensiamo che anche una breve esposizione a queste sostanze più compromettere in maniera spesso irreversibile la crescita degli animali“, ha affermato l’autrice principale della ricerca Samantha Athey, dell’Università di Toronto.
Le microplastiche rinvenute in mare e negli animali finiscono direttamente sulle nostre tavole
“Poiché gli estuari che abbiamo considerato nel nostro studio sono habitat incredibilmente popolati, in grado di consentire la sopravvivenza di molte delle specie ittiche che finiscono sulle tavole degli americani, è di vitale importanza comprendere se e quanto l’habitat di provenienza di questi animali possa essere stato compromesso, le circostanze che hanno portato alla loro cattura e gli effetti delle microplastiche e degli inquinanti ad esse associati“, ha affermato la Athey.
Insomma, la questione dell’inquinamento delle acque sembra colpire a sempre più livelli e la notizia che le microplastiche siano “portatrici” di sostanze pericolose per la salute non solo degli animali ma anche degli esseri umani, come il DDT, non è certo incoraggiante. Tuttavia, la speranza è che in futuro ricerche come quella condotta dal gruppo dell’Università di Toronto possano evidenziare in maniera sempre più precisa ed inconfutabile il legame che sussiste tra queste sostanze inquinanti e la devastazione di interi habitat naturali; tutti fattori che, alla fine, non possono non avere ricadute anche pesanti sulla salute pubblica.