Neve “sanguinolenta”: un fenomeno che mette gli scienziati in allerta

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In diverse parti del mondo, negli ultimi anni, molti scienziati hanno rilevato di stare assistendo ad uno strano fenomeno che consiste in una tonalità rossastra della neve. Un fenomeno che in molti hanno chiamato “neve dell’anguria” o “neve del sangue”.

Tuttavia, sebbene il nome sia ad effetto, non fatevi prendere dal panico. Perché questo fenomeno ha una spiegazione semplice: la neve diventa di quel colore a causa della presenza di alghe rosse. Queste contengono astaxantina, una sostanza chimica che diventa una sorta di “primo molecolare” del composto che porta le carote ad essere di colore arancio. 

Questo tipo di alga rimane in uno stato di ibernazione nel ghiaccio e, dunque, nei ghiacciai. Ma, una volta che la temperatura sale, proliferano e colorano con una tinta rossastra ciò che le circonda. Secondo uno studio effettuato da un team di scienziati, queste alghe sono la causa dell’oscuramento di certe superfici ghiacciate, riducendo in tal modo la capacità di queste formazioni di riflettere la luce solare e causare l’assorbimento di quantità più elevate di calore.

Questo fenomeno è stato verificato da un gruppo di ricercatori dell’Alaska Pacific University, che ha condotto esperimenti con questo tipo particolare di neve – i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature Geoscience.

neve_sangue

Lo studio ha rivelato che le trame del ghiaccio libero dalle alghe rosse hanno mostrato tre volte meno probabilità di sciogliersi rispetto alle aree intrise di questi organismi vegetali. Inoltre, queste alghe hanno bisogno per la proliferazione di due elementi: acqua e sostanze nutritive. 

Ad ogni modo, i ricercatori sono molto preoccupati perché, se i cambiamenti climatici – che di per sé portano ad un aumento dello scioglimento dei ghiacci polari – dovessero portare ad un incontro tra queste molecole e le zone agricole, questo potrebbe creare ambienti favorevoli per la proliferazione delle alghe rosse e creerebbe un ambiente ideale per un maggiore riscaldamento globale. “I modelli climatici che ignorano i forzamenti radioattivi microbici rischiano di sottovalutare i tassi di riscaldamento e il conseguente aumento del livello del mare“, hanno concluso i ricercatori.

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