Perforare un vulcano potrebbe sembrare un’idea radicale, ma per gli scienziati che studiano il magma sotterraneo non è solo un azzardo: è una strategia innovativa che potrebbe risolvere importanti problemi di previsione e produzione energetica. I punti del pianeta dove il magma scorre a basse profondità, o addirittura emerge in superficie, sono molto rari e si concentrano in poche aree. In Islanda, ad esempio, i vulcani attivi sono oltre trenta e il sottosuolo ospita un calore immenso e facilmente accessibile, essendo situata proprio sulla faglia tra la placca euroasiatica e quella americana.
In Islanda, dove l’85% delle abitazioni è già riscaldato grazie a impianti geotermici, l’interesse scientifico si unisce alle esigenze energetiche e di sicurezza della popolazione. Lo studio del magma a basse profondità promette di offrire due grandi benefici: migliorare la precisione nella previsione delle eruzioni e sviluppare metodi più efficienti per la produzione di energia pulita. L’eruzione del vulcano Eyjafjallajoekull nel 2010 ha dimostrato come le attività vulcaniche possano bloccare rotte aeree e influenzare interi settori economici, costando miliardi di euro. Comprendere il comportamento del magma consentirebbe di prevedere queste eruzioni con maggiore accuratezza, riducendo i rischi per le persone e le infrastrutture.
Questo progetto di perforazione vulcanica è visto come un’opportunità di cambiamento nel settore energetico. Il calore sotterraneo potrebbe essere sfruttato per produrre energia rinnovabile in modo più efficiente, fornendo una fonte costante e sostenibile di energia. Se la perforazione dei vulcani darà i risultati sperati, l’Islanda potrebbe fungere da modello per altri Paesi vulcanici come il Giappone, il Kenya e le Hawaii, dove l’energia geotermica potrebbe diventare una soluzione energetica rivoluzionaria.
Perforare vulcani, quindi, potrebbe non essere un “buco nell’acqua” ma un passo decisivo verso un futuro più sicuro e sostenibile.
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