Da qualche parte, ai confini del nostro Sistema Solare, potrebbe esserci un pianeta la cui esistenza ci sfugge. Abbiamo ipotizzato la sua esistenza per spiegare lo strano comportamento di alcuni corpi celesti nella fascia di Kuiper, ma fino ad ora tutti i nostri sforzi per individuarlo sono stati inutili e del Planet Nine non c’è ancora traccia.
Ora un team di ricercatori guidati dal Center for Computational Astrophysics del Flatiron Institute di New York si è messo di nuovo sulle tracce dello sfuggente pianeta e ha deciso di farlo scandagliando il cielo alle lunghezze d’onda millimetriche con l’Atacama Cosmology Telescope, situato nel deserto di Atacama in Cile, uno fra gli strumenti attualmente più avanzati per ricerche di cosmologia.
L’ipotesi dell’esistenza di Planet Nine
Lo sfuggente pianeta, la cui esistenza è al momento solo un’ipotesi, avrebbe una massa tra 5 e 10 volte quella della Terra, ed orbiterebbe su una traiettoria molto eccentrica ad una distanza compresa tra circa 400 e 800 unità astronomiche (UA), quindi si troverebbe molto oltre Nettuno verso i confini del nostro Sistema.
L’esistenza di Planet Nine non è affatto certa, per spiegare tutte le anomalie orbitali osservate in alcuni corpi celesti della fascia di Kuiper, sono infatti state proposte molte teorie alternative e non è per forza detto che siano provocate dall’attrazione gravitazionale di un grosso pianeta che non riusciamo a vedere. Alcuni ricercatori infatti sostengono che Planet Nine sia solo un incidente statistico.
Alla ricerca del pianeta ipotetico nelle frequenze submillimetriche
Ma in molti credono che la sua esistenza sia possibile e probabile e l’unico modo per scoprire se è vero, è trovarlo. Per questo il team di ricercatori sotto la guida del Center for Computational Astrophysics sta utilizzando l’Atacama Cosmology Telescope (ACT) per dargli la caccia osservando il cielo alle lunghezze d’onda delle microonde per studiare la radiazione cosmica di fondo (CMB). Un pianeta che si trova ai confini del Sistema Solare sarebbe infatti estremamente difficile da individuare nelle lunghezze d’onda del visibile o nell’infrarosso. Sino ad ora infatti, con questo tipo di osservazioni non abbiamo ottenuto nessun risultato.
La ricerca dell’ipotetico pianeta utilizzando telescopi che studiano la CMB permetterebbe di individuare il Planet Nine in quanto “il bilancio termico di grandi oggetti lontani dal Sole è dominato dalla loro contrazione gravitazionale e dal calore residuo di formazione, risultando in una temperatura che è approssimativamente indipendente dalla loro distanza dal Sole, e per distanze sufficientemente grandi questo può parzialmente compensare, o addirittura superare, il vantaggio di risoluzione di cui godono gli strumenti ottici rispetto a quelli a lunghezze d’onda millimetriche o submillimetriche”, come ha spiegato Valentina Fanfani, dottoranda dell’Università Milano-Bicocca e co-autrice dello studio, a Media INAF.
Cercando di individuare qualche traccia del pianeta misterioso, Sigurd Naess, ricercatore del Center for Computational Astrophysics, a capo dello studio, ed i suoi colleghi, tra cui diversi ricercatori dell’Università Bicocca di Milano, hanno osservato circa l’87% del cielo accessibile dall’emisfero meridionale con l’ACT per ben sei anni. Tutti i dati e le osservazioni nelle lunghezze d’onda millimetriche sono state poi elaborate con diverse tecniche cercando di individuare tra tutte quelle immagini, qualcosa che potesse fornire finalmente la prova dell’esistenza del pianeta nove.
Il team di ricerca ha infatti cercato nelle immagini e nei dati di individuare quelle che potrebbero essere le caratteristiche del Planet Nine, basandosi su studi precedenti, come quello eseguito da Fortney e colleghi, pubblicato nell’aprile del 2016. Le caratteristiche individuate per il pianeta ipotetico riguardano ad esempio aspetti come massa, raggio, temperatura e composizione fisica.
Indagando alcuni possibili scenari per Planet Nine
Fanfani ha spiegato a Media INAF che per la ricerca del pianeta si sono concentrati su due ipotetici scenari: in un primo hanno ipotizzato che il pianeta avesse una massa pari a 5 masse terrestri; nel secondo invece pari a 10 volte la massa terrestre.
A ognuno di questi scenari principali sono stati applicati dei sotto-modelli che tengono in considerazione “tre valori diversi del raggio e tre corrispondenti temperature superficiali, entrambi legati a delle variazioni per quanto concerne la struttura del pianeta come costituito da un nucleo di roccia e ghiaccio, e da un envelope di idrogeno ed elio. Ognuno di questi modelli del Pianeta Nove è quindi associato ad una certa densità di flusso che ci si aspetta il telescopio ACT osservi in corrispondenza di ognuna delle tre bande di osservazione, e che varia a seconda della distanza del pianeta, che ci si aspetta sia correlata a sua volta alla sua stessa massa”, ha affermato Fanfani.
Nei sei anni di ricerca, il team di scienziati ha osservato tutto il cielo osservabile con l’ATC esplorando distanze da 300 a 2000 UA, individuando circa 3500 possibili sorgenti grezze che potevano aspirare al posto di Pianeta Nove. Ma analizzando nel dettaglio le sorgenti, i ricercatori non hanno trovato nessuna traccia del pianeta ipotetico e il risultato finale dello studio esclude, con un intervallo di confidenza del 95%, la presenza di un pianeta con le caratteristiche ricercate nell’area presa in esame.
Ancora una volta dunque, nessuna traccia del Planet Nine.