In uno studio rivoluzionario pubblicato su Nature Medicine, un gruppo di ricercatori internazionali ha identificato una mutazione genetica estremamente rara che protegge dallo sviluppo del morbo di Alzheimer. La mutazione, riscontrata in un numero molto limitato di persone, sembrerebbe agire direttamente sull’infiammazione del cervello, un fattore chiave nella progressione della malattia.
La scoperta è nata dall’osservazione di un individuo appartenente a una famiglia colombiana nota per una forma ereditaria precoce di Alzheimer. Nonostante portasse la mutazione genetica che normalmente causa la malattia in giovane età, questa persona ha mostrato resistenza ai sintomi per decenni. Analizzando il suo DNA, i ricercatori hanno trovato una seconda mutazione, mai descritta prima, in un gene coinvolto nella risposta immunitaria del cervello.
Scoperta una mutazione che frena l’Alzheimer: nuova speranza dalla genetica
L’infiammazione cerebrale è uno dei meccanismi ritenuti più dannosi nell’Alzheimer: quando le cellule immunitarie del cervello, le microglia, reagiscono in modo eccessivo, danneggiano anche i neuroni sani. La mutazione scoperta sembra inibire questo processo, mantenendo la microglia in uno stato più “calmo”, riducendo il danno neurologico e rallentando l’accumulo di placche beta-amiloidi.
Questa scoperta offre una finestra unica su come potremmo progettare farmaci in grado di imitare l’effetto protettivo della mutazione. I ricercatori stanno già studiando come tradurre questo meccanismo in una terapia mirata: non correggere il gene, ma simulare il suo comportamento con molecole farmacologiche.
Uno degli aspetti più promettenti è la possibilità di sviluppare trattamenti personalizzati. Se l’infiammazione gioca un ruolo più forte in alcuni pazienti, questi nuovi farmaci potrebbero essere usati in modo selettivo, aumentando l’efficacia e riducendo gli effetti collaterali. È un passo importante verso la cosiddetta medicina di precisione, basata sul profilo genetico individuale.
La capacità del sistema immunitario di difendersi
Questa scoperta rafforza anche il valore dello screening genetico nei gruppi a rischio. Sapere in anticipo chi ha mutazioni predisponenti o protettive può cambiare radicalmente l’approccio alla prevenzione: dall’intervenire prima con stili di vita protettivi, alla partecipazione a studi clinici mirati.
Nonostante l’entusiasmo, ci sono ancora ostacoli importanti. La mutazione è estremamente rara e gli studi clinici su larga scala sono necessari per confermare l’efficacia di terapie basate su questo meccanismo. Inoltre, il cervello umano è complesso e la riduzione dell’infiammazione deve essere bilanciata con la capacità del sistema immunitario di difendersi.
Il morbo di Alzheimer colpisce oltre 55 milioni di persone nel mondo e non esiste ancora una cura definitiva. Scoperte come questa offrono nuove speranze, non solo per rallentare la malattia ma per prevenirla prima che si manifesti. E in un futuro non troppo lontano, una semplice mutazione – o il suo equivalente sintetico – potrebbe fare la differenza tra una diagnosi temuta e una vita più lunga e lucida.
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