L‘accumulo di libri non letti, noto come “tsundoku” in Giappone, è un fenomeno che affascina e coinvolge molti lettori. Contrariamente alla percezione comune, questo comportamento non è necessariamente legato all’acquisto compulsivo, ma può essere considerato un segno positivo per il benessere mentale e la sete di conoscenza delle persone.
Umberto Eco, con la sua vasta collezione di libri non letti, è spesso citato in riferimento a questo fenomeno. La sua “antibiblioteca”, come la definì l’autore Nicholas Nassim Taleb, rappresenta un archivio di conoscenza potenziale, un promemoria tangibile delle infinite cose che ancora non sappiamo, ma che desideriamo scoprire.
L’accumulo di libri non letti non è quindi un vizio, ma piuttosto una manifestazione del desiderio di apprendere e crescere. Rappresenta il riconoscimento del proprio “non sapere” e l’aspirazione a espandere i propri orizzonti intellettuali.
Il rapporto personale con i libri non letti può variare da individuo a individuo. Alcuni trovano conforto nel vedere i titoli in attesa di essere letti, mentre altri preferiscono organizzare la propria lettura in modo più strutturato. Tuttavia, l’importante è non sentirsi in colpa o sotto pressione per la presenza di libri non letti, ma piuttosto abbracciare il piacere della scoperta e seguire il proprio istinto nella scelta di cosa leggere e quando farlo.
In definitiva, avere una pila di libri da leggere sul comodino può essere considerato un segno di impegno verso la crescita personale e l’esplorazione del mondo attraverso la lettura.