Secondo gli astronomi, Sagittarius A* non è l’unico buco nero della nostra galassia. Nella Via Lattea infatti ci sarebbero circa 100 milioni di buchi neri, di cui la maggior parte non hanno massa superiore a 15 soli e sono il frutto del collasso di una stella. Ma sembra che ci sia qualcuno destinato a smentire questa regola. Un team di ricercatori, guidato dall’astrofisico cinese Jifeng Liu, dell’Osservatorio Astronomico Nazionale di Pechino, e di cui fa parte anche l’italiano Mario Lattanzi, dell’INAF di Torino, ha scoperto l’esistenza di un buco nero a dir poco spaventoso a cui è stato dato il nome di Lb-1.
Quel buco nero non dovrebbe esistere: è troppo massiccio per essere un buco nero stellare. Eppure c’è. Fra gli autori della scoperta, riportata oggi su @Nature, c’è anche Mario Lattanzi dell’#INAF di #Torino. https://t.co/n6CZQpIqNU @ESAGaia #LAMOST pic.twitter.com/M6yeUqEeGB
— MEDIA INAF (@mediainaf) 27 novembre 2019
Un buco nero atipico a 15 mila anni luce dalla Terra
Lb-1 si trova a 15 mila anni luce dalla Terra e sembra abbia una massa pari a 70 volte quella del Sole, davvero un gigante per essere un buco nero stellare, dato che supera il limite, previsto per questo tipo di buchi neri, di almeno 4 o 5 volte.
Secondo Lattanzi infatti, buchi neri stellari tanto massicci, non potrebbero esistere in base alle attuali teorie dell’evoluzione stellare, per lo meno non nella Via Lattea. I fisici teorici avranno quindi ora un bel po’ di lavoro da fare, per cercare di spiegare come sia possibile l’esistenza di un buco nero stellare tanto grande e come si sia potuto formare.
Ma Lb-1 non sorprende solo per le sue mastodontiche dimensioni. Questo buco nero atipico fa infatti parte di un duetto, trovandosi in un sistema binario con una stella che gli orbita attorno. Questa stella di classe B impiega 79 giorni per completare la sua orbita attorno al gigante oscuro.
Lb-1 non è solo un gigante
Ma le stranezze di Lb-1 non finiscono qui. Questo buco nero infatti sembra non emettere raggi X, rendendolo non solo difficile da individuare, ma anche il più anomalo dei buchi neri stellari identificati fino ad ora. Non emettendo raggi X, per individuarlo, Liu ed il suo team, hanno dovuto far ricorso ad un telescopio ottico da quattro metri chiamato Lamost e posizionato nella Cina nord-orientale.
Con questo telescopio i ricercatori hanno scrutato lo spazio alla ricerca di stelle che orbitassero attorno ad un oggetto invisibile, o forse oscuro come un buco nero. Questo telescopio, con i suoi 4000 spettrografi multifibre, ha osservato il cielo per ben due anni, analizzando e misurando circa 3000 stelle brillanti.
In particolare i ricercatori hanno tenuto conto della velocità radiale di queste stelle. Misurandone le variazioni infatti si possono individuare stelle che sembrano essere in un sistema binario, ma il cui compagno sembra non essere individuabile. Ed è proprio ciò che hanno trovato in una stella di classe B, con una massa di 8 volte più grande di quella del Sole.
Uno sforzo congiunto per svelare il compagno di una stella: un buco nero enorme
Una volta individuato il possibile sistema binario con un buco nero silente, i ricercatori hanno analizzato la stella numerose volte e con spettrografi ad altissima risoluzione: 21 volte con lo spettrografo OSIRIS, alle Canarie; 7 volte con HiRES, situato all’osservatorio del Keck. In questo modo i ricercatori sono riusciti a stabilire l’orbita della stella in maniera precisa, stabilendo che stava ruotando attorno ad un oggetto invisibile con una massa pari a 70 volte quella del Sole, un buco nero di dimensioni spaventose.
Lattanzi ha dichiarato anche come fondamentale sia stato il contributo del satellite GAIA dell’ESA. La conferma dell’appartenenza della stella ad un sistema binario con un buco nero, è infatti dovuta ai dati ricavati dalle osservazioni di GAIA.
Ora che è stato individuato, questo buco nero anomalo e mostruoso dovrà essere studiato a fondo ed il team spera anche di individuarne altri. Si ricaveranno in questo modo notevoli quantità di informazioni e dati, che potrebbero svelarci un giorno i segreti dei buchi neri.
Questa straordinaria scoperta è stata pubblicata sulla rivista Nature.