Poter osservare cosa sta succedendo dentro di noi è utile per molti aspetti della medicina moderna. Ma farlo senza dover aprire la carne e le ossa né ricorrere alla diagnostica per immagini per osservare tessuti viventi intatti, come il nostro cervello, era piuttosto complicato finora. E a volte perfino la diagnostica per immagini incontra delle difficoltà. Ma un team di scienziati ha ideato un microscopio che ricava un’immagine chiara dalla luce infrarossa diffusa emessa da un laser, anche dopo che ha attraversato uno spesso strato osseo.
Come funziona il microscopio che permette di vedere l’interno del cranio
I fisici Seokchan Yoon e Hojun Lee, della Korea University, spiegano che questo microscopio consente di studiare le strutture interne fini che si trovano in profondità all’interno dei tessuti viventi e che non sono osservabili con altri mezzi. Fino a oggi, sebbene una tecnica chiamata microscopia a tre fotoni sia già riuscita a catturare alcune immagini dei neuroni nel cranio di un topo, la maggior parte dei tentativi di ottenere immagini nitide delle scatole craniche degli animali richiede di effettuare dei tagli sulla testa.
La microscopia a tre fotoni utilizza lunghezze d’onda maggiori e uno speciale gel per aiutare a vedere oltre l’osso, ma questo metodo non può penetrare molto in profondità e combina le frequenze luminose in modo tale da rischiare di danneggiare le delicate molecole biologiche. Combinando le tecniche di imaging con la potenza dell’ottica adattiva computazionale precedentemente utilizzata per correggere la distorsione ottica nell’astronomia terrestre, Yoon e i suoi colleghi sono stati in grado di creare le prime immagini ad alta risoluzione delle reti neurali nei topi dall’interno del cranio intatto.
Tutto dipende dalla dispersione della luce
La nuova tecnologia, chiamata laser-scanning reflection-matrix microscopy (LS-RMM), si basa sulla microscopia confocale a scansione laser convenzionale, tranne per il fatto che rileva la dispersione della luce alla profondità a cui viene registrata l’immagine e ottiene la matrice di riflessione, ovvero una speciale matrice da cui gli studiosi possono ricavare le misure di raggi di luce aberranti eventualmente presenti.
Dopo aver registrato la matrice di riflessione, il team ha utilizzato la programmazione ottica adattiva per individuare le particelle di luce che evidenzia e quelle che oscura. Grazie a un modulatore di luce spaziale, che aiuta a correggere altre aberrazioni fisiche che si verificano in immagini così piccole, gli scienziati sono stati in grado di generare un’immagine delle reti neurali del topo a partire dai dati. Nella ricerca, che appare sulla rivista Nature Communications, il team precisa che l’identificazione delle aberrazioni del fronte d’onda si basa sul contrasto di riflettanza intrinseco dei bersagli; proprio per questo, non richiede un’etichettatura fluorescente né un’elevata potenza di eccitazione.
Ph. credits: Nature Communications