Negli ultimi anni, il bisfenolo A (BPA) è diventato uno dei composti chimici più discussi a livello globale per i suoi effetti sulla salute umana. Utilizzato da decenni nella produzione di plastiche e resine, il BPA si trova in oggetti di uso quotidiano come bottiglie, contenitori alimentari e rivestimenti interni delle lattine. Ora, una nuova ricerca solleva ulteriori preoccupazioni, suggerendo una possibile connessione tra l’esposizione a questa sostanza e cambiamenti cerebrali legati alla schizofrenia.
Gli scienziati hanno osservato che il BPA, agendo come interferente endocrino, è in grado di alterare il funzionamento del sistema nervoso centrale. Studi su modelli animali hanno mostrato che un’esposizione anche a basse dosi può modificare la struttura e l’attività di aree cerebrali coinvolte nelle funzioni cognitive ed emotive. Questi cambiamenti ricordano quelli tipicamente riscontrati nelle persone affette da schizofrenia.
Il lato oscuro del BPA: possibili effetti sul cervello simili alla schizofrenia
La schizofrenia è un disturbo psichiatrico complesso, caratterizzato da sintomi come allucinazioni, deliri, pensiero disorganizzato e difficoltà cognitive. La sua origine non è ancora del tutto chiara, ma è noto che fattori genetici e ambientali interagiscono nello sviluppo della malattia. L’ipotesi che sostanze chimiche come il BPA possano influenzare il rischio o la gravità del disturbo apre scenari preoccupanti.
Uno degli aspetti più interessanti della ricerca è la correlazione tra esposizione precoce al BPA e alterazioni permanenti nel cervello. Gli scienziati hanno infatti rilevato che il contatto con questa sostanza durante lo sviluppo fetale o nei primi anni di vita può avere effetti più marcati e duraturi, aumentando la vulnerabilità a disturbi neuropsichiatrici in età adulta.
In particolare, sono stati segnalati cambiamenti nella corteccia prefrontale e nell’ippocampo, due aree cerebrali fondamentali per la memoria, la regolazione emotiva e il processo decisionale. L’alterazione della connettività e del bilanciamento neurochimico in queste regioni potrebbe spiegare la somiglianza con i tratti tipici della schizofrenia.
Nonostante questi risultati, gli esperti invitano alla cautela. Le ricerche sono ancora in una fase iniziale e, sebbene i dati sugli animali siano convincenti, servono ulteriori studi sugli esseri umani per confermare il legame diretto tra BPA e schizofrenia. Tuttavia, l’accumularsi di prove scientifiche rafforza l’idea che ridurre l’esposizione a questa sostanza sia una misura di prudenza necessaria.
Crescente preoccupazione sulla sicurezza di questa sostanza
Le autorità sanitarie di diversi Paesi hanno già introdotto restrizioni sull’uso del BPA, soprattutto nei prodotti destinati a neonati e bambini, come biberon e giocattoli. Tuttavia, il composto continua a essere presente in molti articoli di largo consumo, e la popolazione rimane esposta principalmente attraverso l’alimentazione.
La scoperta di una potenziale connessione tra BPA e disturbi mentali aggiunge dunque un ulteriore tassello alla crescente preoccupazione sulla sicurezza di questa sostanza. Per i ricercatori, è fondamentale proseguire le indagini per comprendere meglio i meccanismi biologici coinvolti e valutare con precisione i rischi per la salute pubblica.
Nel frattempo, i cittadini possono adottare piccoli accorgimenti quotidiani per limitare l’esposizione, come evitare di riscaldare cibi in contenitori di plastica, preferire materiali alternativi come vetro e acciaio, e ridurre il consumo di alimenti confezionati in lattine. La prevenzione, in attesa di nuove conferme scientifiche, resta la strategia più efficace per proteggere il cervello e la salute mentale dalle possibili conseguenze del BPA.
Foto di Syarafina Yusof su Unsplash

