Non sono ancora passati nove anni da quando le coste del Giappone sono state colpite dallo Tsunami. Uno dei maggiori di questo evento è stato il crollo di una parte della centrale nucleare di Fukishima. Per via della natura dell’elemento usato in questo tipo di centrale, anche dopo l’incidente è necessario usare l’acqua per raffreddare il nucleo e questo porta alla produzione proprio di acqua radioattiva. Quest’ultima viene stoccata all’interno di grandi serbatoi. Lo spazio sta per finire.
Notizia recente è quella dello sversamento di parte di questa inquinata in mare. Si trattava di piccola quantità, ma adesso la situazione è ben diversa. Per il fatto che lo spazio a disposizione è sempre meno, una delle soluzioni risulta essere quella di liberare l’acqua in mare o vaporizzarla in aria. A dirlo è l’agenzia governativa per le risorse naturali e l’energia.
Liberare l’acqua radioattiva
Il rilascio in acqua, per quanto suoni pericoloso, risulta essere la via più percorribile. Il tasso di radioattività di questa acqua risulta molto basso e se diluito con la grande quantità di acqua marina allora i pericoli si azzerano. Detto questo, risulta sempre un azzardo e un altro modo di inquinare un ambiente non esattamente pulito.
Purtroppo le vasche di contenimento si stanno riempiendo a grande velocità. L’agenzia incaricata di svolgere questo lavoro ne sta costruendo altri, ma si calcola che entro il 2020 sarà tutto pieno. C’è quindi la necessità di liberare piano piano delle piccole quantità, relativamente parlando, proprio nell’oceano che quasi nove anni fa ha causato l’incidente.