Con le misure per affrontare il coronavirus che lasciano così tante persone incapaci di incontrare la famiglia e gli amici, come possiamo stabilire connessioni più significative quando siamo al telefono o usando applicazioni di videochiamata? Gli esperti offrono i loro consigli per cercare di creare una conversazione più diretta ed empatica. Scopriamone alcuni.
Come relazionarsi meglio durante il coronavirus
In un momento in cui ci manca vedere amici, possiamo ritrovarci a fare molte videochiamate, che è comunque molto diverso da una semplice conversazione dal vivo. Vediamo alcuni consigli per relazionarsi meglio possibile.
Il potere del silenzio: questo è difficile in una chiamata, poiché la gente pensa che il silenzio possa essere un segno che la linea è caduta. Ma condividere il silenzio può permetterci di sentirci vicini. Inoltre, il fatto che stiamo ascoltando in modo favorevole può consentire all’oratore di avere pensieri creativi molto più ricchi mentre sono in silenzio.
Pari tempo di trasmissione: in una chat con un amico o un genitore, dobbiamo assicurarci che il tempo sia condiviso equamente tra le due parti. Non ha valore chiamare tua mamma e parlarle per 30 minuti senza dargli spazio.
Ascolta profondamente: l’uso di tecniche di ascolto profondo può consentire alle persone di sentirsi veramente comprese. Ciò implica prestare tutta la nostra attenzione all’oratore, ascoltare con curiosità e senza giudizio le loro parole, emozioni e il loro significato sottostante, quindi riassumere le loro opinioni per essere sicuri di aver capito.
Contatto visivo: “La ricerca mostra che quando aumentiamo il contatto visivo, altri prestano più attenzione a noi”, afferma il prof. Jeremy Bailenson, direttore fondatore del Virtual Human Interaction Lab dell’Università di Stanford. “Dobbiamo scegliere tra guardare qualcuno negli occhi e leggere segnali non verbali, come una faccia curiosa”, afferma il prof. Bailenson. “Per 30 anni, le aziende di videoconferenza hanno provato tutti i tipi di dispositivi per cercare di risolvere il problema del contatto visivo ma nessuno lo ha risolto.”