Nel Medioevo, alcune comunità della penisola iberica scelsero di vivere all’interno di caverne artificiali scavate nella roccia. Uno studio recente, pubblicato su Science Advances, ha rivelato nuovi segreti su queste popolazioni, grazie al sequenziamento del DNA di una comunità cristiana che risiedeva in grotte nella regione di Burgos, nel nord della Spagna. Attraverso l’analisi genetica di 41 scheletri ritrovati nel cimitero locale, gli studiosi hanno scoperto che queste persone condividevano legami familiari stretti e praticavano l’endogamia, ovvero matrimoni tra membri della stessa comunità.
Oltre alla consanguineità, lo studio ha portato alla luce segni di violenza, con alcuni scheletri che presentavano ferite da armi come spade. Queste ferite risalgono a un’epoca precedente alla conquista musulmana del VII secolo, il che suggerisce conflitti interni o locali, piuttosto che battaglie lungo il confine di Al-Andalus.
Il sito di Las Gobas, utilizzato dal VII all’XI secolo, ha offerto anche prove dell’esistenza di malattie come il vaiolo e un’infezione batterica causata dal Erysipelothrix rhusiopathiae, tipica degli animali domestici, soprattutto i maiali. Questo suggerisce che l’allevamento fosse una parte essenziale della vita quotidiana di queste comunità rupestri.
Nonostante il loro isolamento e le difficoltà dovute a malattie e conflitti, queste comunità sono riuscite a sopravvivere a lungo, adattandosi ai cambiamenti storici e culturali che attraversavano la penisola iberica. Questi insediamenti offrono oggi uno spaccato unico di una vita lontana dai centri urbani, svelando la resilienza e la complessità delle comunità medievali che scelsero le grotte come rifugio e casa.
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