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Metano e cambiamento climatico: il problema delle piogge in Alaska

Il metano è uno dei peggiori gas serra presenti sul nostro pianeta in quanto la sua liberazione causa uno strato più spesso della CO2, per citare un altro gas conosciuto da tutti. Per come viviamo attualmente questo gas è necessario e non si può di certo demonizzarlo e infatti le problematiche legate a quest’ultimo sono ben altre. L’innalzamento delle temperature ne sta causando una fuoriuscita incontrollata che negli ultimi anni è peggiorata.

Un nuovo studio ha preso in esame una paluda presenta in Alaska, regione che con la Siberia ospita le più grandi riserve al mondo di metano. Apparentemente il clima ha fatto anticipare di diverse settimane le piogge primaverili le quali a loro a volta hanno causato la dispersione del temuto gas serra che è intrappolato sotto il terreno. Si tratta di un fenomeno naturale, ma che viene facilitato dall’aumento delle temperature e questo anticipo ha di fatto aumentato le emissioni del gas di oltre il 30% rispetto agli scorsi anni.

 

Un ciclo

Ecco la dichiarazione in merito a questo fenomeno da parte di Rebecca Neumann, professoressa dell’Università di Washington del Dipartimento di Ingegneria Civile e membro dell’equipe che ha portato avanti tale studio: “In generale, la possibilità di generare metano aumenta con l’aumento delle precipitazioni perché i terreni si inondano, ma quello che vediamo qui è diverso.”

Il rilascio di metano è doppio tra l’altro in quanto la crescita delle piante crea dei tunnel nel terreno che permette al gas di uscire e inoltre l’aumento delle temperature dovute alle piogge permette ai microbi che vivono nelle paludi di accelerare loro metabolismo; in certi ambienti i microrganismi tendono a produrre metano come scarto della materia organica piuttosto che la normale CO2.

Le prime piogge hanno fatto sì che uno scroscio di acqua tiepida si muovesse nella nostra palude. Crediamo che i microbi nella palude si siano eccitati perché sono stati riscaldati, quindi hanno rilasciato nutrienti dal terreno che hanno permesso una maggiore crescita delle piante. I nostri risultati sottolineano che queste regioni di permafrost sono sensibili agli effetti termici della pioggia e, poiché prevediamo che questi ambienti diventeranno più umidi in futuro, potremmo assistere a un aumento delle emissioni di metano che non ci aspettavamo.”

Giacomo Ampollini

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