Secondo un nuovo studio, l’inquinamento da plastica, soprattutto da microplastiche, potrebbe essere ancora più pericoloso di quanto si ritenesse in precedenza. Le microplastiche presenti nelle acque sono infatti in grado di aiutare i virus a sopravvivere più a lungo e a rimanere infettivi nell’acqua dolce per giorni.
Un aspetto ancora più pericoloso di questa scoperta è la consapevolezza del fatto che le acque reflue, in cui vi sono grandi volumi di microrganismi patogeni, contengono grandi quantità anche di microplastiche nonostante siano state trattate. Questo alla fine trova la sua strada negli oceani, ha aggiunto .Le acque reflue ricche di microplastiche, con il loro carico virale, finiscono poi per raggiungere indisturbate le acque interne e infine gli oceani.
Le microplastiche nelle acque reflue e superficiali vengono rapidamente colonizzate dal biofilm microbico. I ricercatori hanno infatti mostrato che uno strato di cellule microbiche si forma quindi sulla superficie delle microplastiche subito dopo essere state rilasciate nell’acqua dolce. Questo rivestimento ricco di sostanze nutritive diventa una superficie ospitale per i microrganismi che si spostano poi sulle microplastiche galleggianti.
I ricercatori hanno ipotizzato nel loro studio che tali comunità virali della plastica, persistano più a lungo e si diffondano ulteriormente nell’ambiente e possano fungere da vettore per i patogeni umani.
Per condurre lo studio, il team di ricerca ha utilizzato il rotavirus (RV) SA11 (un virus enterico senza involucro) e il batteriofago con involucro Phi6, come modelli per quantificare il legame e la presenza dei virus nei pellet microplastici colonizzati da biofilm. Nella ricerca sono stati presi in considerazione tre diversi scenari per il trattamento dell’acqua: acqua di superficie filtrata, non filtrata e con aggiunta di nutrienti.
Le analisi hanno dimostrato che i virus associati ai pellet colonizzati da biofilm erano più stabili rispetto a quelli rimasti liberi nell’acqua in ogni tipo di scenario. Le particelle virali sono state infatti protette dalle microplastiche contro i fattori di inattivazione. I risultati suggeriscono inoltre che la presenza di un involucro nel patogeno possa limitare l’interazione del virus con le plastiche.
Richard Quilliam, della Stirling University e ricercatore capo del progetto, ha affermato che i virus sulle microplastiche sono rimasti vivi nell’acqua per tre giorni. Un tempo sufficiente a far si che le acque reflue drenate nei fiumi raggiungessero le spiagge. Inoltre, secondo Quilliam, i virus possono anche attaccarsi ai componenti naturali, ma quando associati alla plastica sopravvivono molto più a lungo.
Secondo la ricerca, una combinazione di fattori come l’elevata abbondanza di microplastiche nelle acque reflue, le caratteristiche intrinseche della plastica come la galleggiabilità e l’idrofobicità e un elevato carico di agenti patogeni virali umani nel trattamento delle acque reflue offre un ampio margine per l’associazione dei virus alle superfici delle microplastiche.
I virus sono stati testati per tre giorni, ma un periodo di studio più lungo determinerà esattamente per quanto tempo i virus sopravviveranno sulla superficie di plastica.
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