Microsoft ha dichiarato di non aver più intenzione di investire in società che si occupano di sviluppare tecnologie di riconoscimento facciale di terze parti, a seguito di una controversia in merito al finanziamento della startup israeliana AnyVision, che secondo i critici e gli attivisti per i diritti umani avrebbe a sua volta finanziato un programma di sorveglianza in Cisgiordania. L’azienda avrebbe quindi intessuto rapporti diretti, sebbene poco chiari, con il governo israeliano.
Microsoft ora afferma che un’indagine indipendente, condotta dall’ex procuratore generale americano Eric Holder e dal suo team presso lo studio legale internazionale Covington & Burling, ha scoperto che “la tecnologia di AnyVision non ha in precedenza e attualmente posto in essere alcun programma di sorveglianza di massa in Cisgiordania, pretestuosamente denunciato dai mass media. Se lo avesse fatto“, continua Microsoft , “ciò avrebbe costituito una violazione dell’impegno della società circa l’uso eticamente corretto del riconoscimento facciale e delle relative tecnologie ed applicazioni“.
Microsoft ha quindi deciso di non affidare più a terze parti lo sviluppo di tecnologie sensibili come quella del riconoscimento facciale
Indipendentemente da quanto accaduto, in ogni caso, Microsoft afferma di non aver intenzione di proseguire la partnership con AnyVision e che non farà più investimenti di minoranza in alcuna società in merito alle tecnologie di riconoscimento facciale. “Per Microsoft, il processo di audit ha rafforzato le sfide degli investitori di minoranza in una società che vende tecnologia sensibile, dal momento che tali investimenti generalmente non consentono un livello di supervisione o di controllo che Microsoft esercita solitamente sull’uso della propria tecnologia“, si legge un annuncio sul sito dell’azienda.
Il riconoscimento facciale, in particolare la varietà di questa discussa tecnologia basata sull’apprendimento automatico avanzato e su altri strumenti di intelligenza artificiale, ha preso piede in molti ambiti della nostra vita quotidiana negli ultimi anni; basti pensare allo sblocco del nostro smartphone. Allo stesso tempo, nel mondo politico e soprattutto tra le frange attiviste più coriacee, cresce la preoccupazione che essa possa essere utilizzata dalle forze dell’ordine e dai governi per sorvegliare i cittadini senza il loro consenso, così violando le leggi sulla privacy e sui loro diritti umani.