Foto di Amanda Jones su Unsplash
Chi va a dormire tardi potrebbe pagare un prezzo più alto con il passare degli anni. Secondo una recente ricerca, le persone con uno stile di vita nottambulo tendono a sperimentare un declino cognitivo più rapido rispetto a chi mantiene abitudini di sonno regolari e diurne. La scoperta ha attirato l’attenzione degli scienziati e rilanciato il dibattito sugli effetti a lungo termine dei ritmi circadiani alterati.
Lo studio, pubblicato su una rivista scientifica di neuroscienze, ha seguito per diversi anni un ampio gruppo di adulti, monitorando le loro abitudini di sonno e sottoponendoli periodicamente a test cognitivi. I risultati sono stati chiari: chi andava regolarmente a dormire molto tardi e si svegliava tardi mostrava, in media, un calo più marcato nelle capacità mnemoniche e nell’attenzione rispetto ai partecipanti mattinieri.
Secondo i ricercatori, la causa potrebbe risiedere nella dissincronia tra l’orologio biologico interno e i ritmi sociali imposti dalla società, come gli orari lavorativi. Questo “jet lag sociale” cronico provoca stress fisiologico, altera i cicli ormonali e compromette la qualità del sonno, tutti fattori che, nel lungo periodo, danneggiano la salute cerebrale.
Un altro aspetto emerso riguarda la durata e la frammentazione del sonno. I nottambuli, spesso costretti ad alzarsi presto per impegni quotidiani, accumulano un debito di sonno che non riescono a recuperare nei giorni successivi. Questo sonno insufficiente, specie se cronico, è noto per essere collegato a un aumento del rischio di demenza, in particolare di Alzheimer.
Nonostante ciò, gli esperti precisano che il cronotipo — cioè la naturale tendenza a essere “gufo” o “allodola” — non è completamente modificabile, ma può essere influenzato con piccoli accorgimenti. Esporsi alla luce solare al mattino, ridurre l’uso di dispositivi elettronici prima di dormire e mantenere orari regolari possono aiutare a spostare gradualmente il ritmo sonno-veglia verso fasce più sane.
La notizia ha suscitato interesse anche per le sue implicazioni pratiche. In un’epoca in cui il lavoro flessibile e la reperibilità 24/7 sono la norma, molti adulti — soprattutto giovani — tendono a ritardare sempre più l’ora della buonanotte. Questo studio rappresenta un campanello d’allarme che invita a riflettere su come le nostre scelte quotidiane influenzino la salute mentale a lungo termine.
Gli autori sottolineano che non si tratta di una condanna per i nottambuli, ma di un’opportunità per sensibilizzare la popolazione sull’importanza dell’igiene del sonno. Dormire bene non è solo una questione di ore, ma anche di qualità e coerenza. Anche un cambiamento graduale può portare benefici significativi nel tempo.
In attesa di ulteriori conferme scientifiche, il messaggio sembra chiaro: il cervello ama la regolarità. E andare a letto prima, anche solo di un’ora, potrebbe essere un gesto semplice ma potente per proteggere la nostra mente nel futuro.
Foto di Amanda Jones su Unsplash
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