La Space Cargo Unlimited inviò nel 2019 una cassa di vino rosso sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), in orbita attorno alla Terra. Ora la cassa di vino spaziale, un Bordeaux, è rientrata sul nostro pianeta, a bordo di una navicella Dragon Cargo della Space X.
Il vino spaziale ritorna sulla Terra
Scopo di questa spedizione di vino nello spazio non era certo quella di allietare le giornate degli astronauti, anche perché gli alcolici non sono permessi sulla ISS, ma quello di comprendere quali sono gli effetti della microgravità sulla fermentazione.
Il mese prossimo i ricercatori del progetto si appresteranno ad aprire le bottiglie, e non per festeggiare il loro rientro sulla Terra, Il team di ricerca cercherà di comprendere se e come il vino si è modificato nello spazio, nelle particolari condizioni a bordo della ISS.
Queste informazioni potrebbero essere utili per l’agricoltura delle viti e la produzione di vino sulla Terra, visto che dobbiamo sempre più spesso fare i conti con i cambiamenti climatici. Le proprietà del vino spaziale saranno analizzate e poi confrontate con quelle di un campione di controllo dello stesso vino che invece non ha mai lasciato il nostro Pianeta.
Come il vino è arrivato nello spazio
Nicolas Gaume, imprenditore francese, e precedentemente ex responsabile dell’area videogames di Microsoft, fondò nel 2014 la Space Cargo Unlimited assieme all’imprenditore ed enologo Emmanuel Etcheparre. L’azienda ha come obiettivo la ricerca in assenza di gravità per applicazioni commerciali sulla Terra attraverso partnership strategiche con operatori spaziali.
Dopo un inizio tutt’altro che facile, grazie all’entusiasmo dell’Institut des Sciences de la Vigne et du Vin, dell’Università di Bordeaux, l’idea di scoprire gli effetti dello spazio sul vino e su piante da potatura dormienti, fa si che si arrivi a spedire nello spazio 12 bottiglie di Bordeaux e 320 tralci di Merlot e Cabernet Sauvignon.
9Le 12 bottiglie partono a bordo di uno dei primi viaggio della Space X, nel novembre del 2019 in direzione della ISS. Sei mesi dopo anche i tralci di vite raggiungono lo spazio, grazie alla Blue Origin di Jeff Bezos.
Per un intero anno le 12 bottiglie sono state mantenute alla temperatura costante di circa 18°, in un ambiente che ricreava tutti i parametri della vita sulla Terra, eccezion fatta per la gravità. Anche per i tralci, si tratta di sfruttare lo sviluppo accelerato in un ambiente privo di gravità in cui le piante sono sottoposte ad una maggiore esposizione alle radiazioni.
L’analisi del vino spaziale potrebbe salvare l’agricoltura dai cambiamenti climatici
Ora che le bottiglie di vino spaziale e i tralci di vite sono tornati sulla Terra, Gaume ha dichiarato: “Vedremo tutto ciò che si è evoluto. Faremo un sequenziamento dell’intero genoma delle piante, per fornire una visione chiara di tutti i cambiamenti del DNA che potrebbero essersi verificati durante la permanenza sulla ISS.”
Il vino sarà sottoposto anche ad un analisi chimica e, per i primi di marzo 2021, è prevista anche una degustazione privata. Al momento però non ci sono informazioni sullo stato del vino al rientro. Non è nota nemmeno l’identità della casa vinicola delle bottiglie di vino spaziale. Sappiamo solo che provengono da un unico produttore e da una sola annata.
Gaume ha descritto la microgravità, come lo “stress finale” sulle bottiglie. I ricercatori coinvolti nel progetto sono dunque interessati a scoprire come il vino ed i tralci di vite, possono essersi adattati o evoluti in un tempo relativamente breve per essere resilienti alle condizioni di stress imposte.
Ciò, secondo Gaume, potrebbe avere implicazioni importanti per l’agricoltura, non solo vitivinicola, fornendo informazioni su come le piante potrebbero adattarsi ai fattori di stress legati ai cambiamenti climatici.
Foto di Holger Detje da Pixabay