Dopo oltre due anni di Covid-19, una nuova epidemia sta facendo parlare di se: il vaiolo delle scimmie. In tutto il mondo sono stati rilevati oltre 400 casi e sono presenti focolai in Australia, Medio Oriente, Europa e Stati Uniti. Secondo le prime ricerche questo virus pare trasmettersi attraverso la sessualità o durante i viaggi nei paesi dove il virus è diventato endemico.
Un nuovo studio tutto italiano, dell’Istituto Spallanzani, ha suggerito che il virus che causa questa malattia potrebbe essere presente nel liquido seminale di una persona infetta ed è in grado di replicarsi. Il virus è stato isolato in un campione di una persona malata, 6 giorni dopo che sono comparsi i primi sintomi, come febbre. I ricercatori hanno anche raccolto in una coltura cellulare un campione capace di infettare e di replicarsi in laboratorio.
Vaiolo delle scimmie, trovato virus nel liquido seminale
Finora il materiale genetico del virus è stato riscontrato in 6 dei 7 campioni dei pazienti infetti, ma in questo caso è stato anche riscontrato e isolato in laboratorio. L’obiettivo principale di questo studio è quello di capire al meglio i meccanismi di trasmissione di questo virus da uomo a uomo. Proprio per capire ciò i ricercatori stanno ultimando ulteriori studi sulla durata e persistenza del virus nel liquido seminale e in altri materiali biologici. Il vaiolo delle scimmie è una malattia zoonotica, ovvero un’infezione che può essere trasmessa tra animali e uomo, causata da un virus. È endemica dell’Africa centrale e occidentale, particolarmente concentrata nella Repubblica Democratica del Congo.
È un’infezione conosciuta da 60 anni, mentre da 20-25 anni è dimostrato il possibile contagio dell’uomo, di cui tuttavia avevamo finora collezionato solo occasionali segnalazioni, in termini di 1 all’anno od anche meno. A maggio 2021 una famiglia è tornata nel Regno Unito dopo un viaggio in Nigeria e tre membri del nucleo familiare sono stati infettati dal virus del vaiolo delle scimmie: fin qui nulla di nuovo, ma ad insospettire i medici sono state le tempistiche di sviluppo dei sintomi, prima uno, poi il secondo a distanza di un paio di settimane, poi il terzo di nuovo a distanza. Questa consequenzialità induce ad ipotizzare una trasmissione non più da animale a uomo, contratta in Africa, ma da uomo a uomo.
La nuova scoperta potrebbe far luce sul ruolo della trasmissione sessuale, ipotizzata dopo la scoperta di questo nuovo focolaio, che ha visto oltre 1.000 casi in oltre 26 paesi in tutto il mondo. Questi risultati hanno reso possibile scoprire i casi italiani e al primo sequenziamento del vaiolo delle scimmie in Italia, che ha dimostrato l’appartenenza di questo virus al ceppo responsabile dell’attuale diffusione internazionale.
Foto di Rajesh S Balouria